Visitare Naoshima, un’isola trasformata in una grande opera d’arte contemporanea
Un tempo c’erano solo l’industria pesante, l’inquinamento. E quest’isola era solo una delle tante del Mare interno, destinate in gran parte a spopolarsi a causa dell’inesorabile attrazione gravitazionale esercitata dalle megalopoli dello Honshu, la grande isola che ospita Osaka e Tokyo. La sua bellezza era sciupata, o comunque poco importante, trascurata, un accidente. Oggi Naoshima è un’isola che è stata trasformata dall’arte (e da fortissimi investimenti) in qualcosa di differente, di unico, come se fosse rinata. Una grande opera d’arte, viva e ancora in trasformazione della quale fanno parte la sua storia, i suoi abitanti.

La trasformazione cominciò nel 1987, quando il magnate Fukutake Soichiro , numero uno del gruppo editoriale Benesse, contattò l’architetto e artista Ando Tadao per dare forma concreta a quello che era un suo sogno utopistico e un po’ folle. Creare un’isola dedicata all’arte, in armonia con la natura. E dopo qualche tentennamento l’architeetto accettò. La storia dice che grazie ai generosi investimenti del gruppo Benesse creò qui alcuni dei suoi capolavori più visionari.
Forse è turistica, forse si percepisce la sua artificialità, ma Naoshima mi ha profondamente emozionato perché evoca il potere dell’immaginazione, il potere dell’arte di trasformare i luoghi e i pensieri, di cambiare la prospettiva.
Mi sono posto anche molte domande per le quali non ho risposte. Oggi i suoi abitanti stanno meglio? Qual è stato l’impatto del turismo? Come sarebbe Naoshima oggi? Ci sono luci e alcune ombre, ma pensando a tante isole vicine pressoché spopolate e deturpate da porti e fabbriche abbandonate e ascoltando e leggendo i racconti dei suoi abitanti, credo che con la trasformazione si siano perse alcune cose, ma che l’impatto per il futuro dell’isola e della sua comunità sia stato positivo.
Ogni tre anni Naoshima e altre isole del Mare interno – Teshima, Inujima e Megijima – ospitano la Triennale del Mare interno richiamando moltissimi visitatori. E nuove opere si aggiungono a quelle già esistenti.
Il museo sotterraneo (Chichū Bijutsukan)
Sono un appassionato di arte contemporanea e questo museo ospita tre artisti diversissimi ma di grande fama e rilevanza: James Turrell, Walter De Maria e l’impressionista Claude Monet. A ognuno è dedicata un’ala del museo. Poche opere ma di grande impatto: De Maria presenta installazioni di scultura enigmatiche e una grande sala che sembra una cattedrale; di Monet sono presenti alcuni grandi dipinti delle sue famose ninfee; Turrell firma invece alcune opere di luce che distorcono la percezione del visitatore.
Dovrebbe bastarmi, dovrebbe essere sufficiente. Ma questo è uno dei casi in cui il contenitore supera le opere che ospita. Un edificio pazzesco che non sembra possibile, sfrontato e maestoso eppure vagamente surreale, onirico nonostante sia composto solo di grandi spazi in cemento, linee pulite, essenziali che sembrano rappresentare l’essenza delle cose. Sono convinto che Ando Tadao possa averlo concepito solo in sogno.
Eppure dall’esterno è invisibile. Il capolavoro di Ando Tadao è stato costruito sottoterra per non impattare sull’aspetto di Naoshima. Visto dall’alto appare come una serie di misteriosi fori geometrici in mezzo al blu del Mare interno che sembrano richiamare i profili delle altre isole.

E nonostante sia sotterraneo, il museo è un trionfo di alternarsi di ombra e luce. Tutta luce naturale, convogliata attraverso le aperture sulla superficie, e che cambia a seconda dei giorni.
Visitare il museo è un’esperienza irripetibile. Forse anche perché all’interno non si possono fare foto. All’inizio l’ho trovato fastidioso, poi mi sono lasciato coinvolgere dalla visita. Ho dimenticato il telefono, la macchina fotografica e lasciato correre i pensieri: sono convinto che abbia reso l’esperienza più densa e profonda. Ha tolto ogni distrazione. E il museo non è così stato massacrato dalla ripetizione su instagram, dai selfie nei suoi luoghi più fotogenici, dalle immagini che creano aspettative irreali. Quando sono arrivato non sapevo quasi nulla.

Quindi ora dimenticate le due foto che vi ho mostrato. Dimenticate tutto. Arrivate senza sapere niente, senza aspettative. E lasciatevi sorprendere. E non dimenticatevi di fermarvi per bere qualcosa al bellissiimo caffè del museo.
Info: Il museo si trova nell’area della casa Benesse, ciclopedonale; l’ingresso va prenotato in anticipo sul sito. Chiuso il lunedì (se è festa nazionale chiude il giorno successivo).
La casa Benesse (Benesse House)
Albergo di lusso e museo di arte contemporanea integrato nel profilo dell’isola alla ricerca dell’armonia con il paesaggio e la natura, è una delle prime strutture realizzate a Naoshima. L’esposizione che ospita il museo è interessante e annovera nomi importanti, ma non imperdibile. E purtroppo la sua parte più spettacolare, il celebre Ovale di Ando che si vede fotografato un po’ ovunque su guide, poster, depliant, è visibile dal vivo solo agli ospiti dell’albergo.
Se me lo potessi permettere, ci passerei volentieri una notte.

Il museo a cielo aperto
L’immagine più famosa di Naoshima è la zucca gialla Pumpkin di Kusama Yayoi. Come se ci fosse solo questa. E il motivo è semplice da intuire: il museo di sculture a cielo aperto di Naoshima è fra le poche cose che si possono fotografare liberamente. E le zucche sono innegabilmente belle e fotogeniche. Uso il plurale perché in realtà sono due. Oltre a quella gialla, più famosa, ce n’è una rossa al porto di Miyanoura, vicino all’imbarco dei traghetti.
Si vede meno perché la forma è più allargata ed è di certo meno fotogenica.
Art House project
Per me è una delle parti più belle ed emozionanti di Naoshima. Il vecchio abitato di Honmura e le sue case secolari sono state trasformate in un’opera d’arte grazie all’intervento di alcuni artisti, iniziato nel 1999 e cresciuto anno dopo anno, qui e nelle altre isole del Mare interno di Seto. Le vecchie abitazioni dei pescatori, spesso abbandonate o in rovina, la casa del dentista, un tempio dimenticato, un santuario, sono state trasformate in installazioni artistiche permanenti.
Ma, credo, con un profondo rispetto, anche quando l’operazione è stata fatta con ironia e un po’ di follia, come nel caso di Haisha, la casa del dentista completamente ri-immaginata, da Otake Shinro (o Ōtake Shinrō come andrebbe scritto) che qui ha dato sfogo alla sua ossessione per l’accumulo di simboli e per i contrasti spiazzanti.
A Ishibashi, vecchia, bellissima casa, di mercanti di sale sono ospitati spettacolari dipinti fusuma-e del pittore Senju Hiroshi, ispirati al Mare interno. Io però ho amato molto il Santuario Go’o di Sugimoto Hiroshi. Fuori dall’abitato, su un’altura, è un luogo essenziale e meditativo: sembra rappresentare l’idea stessa di un santuario scintoista. La scala trasparente conduce in uno spazio sotterraneo (visitabile) richiamando le antiche tombe a tumulo giapponesi, come se fosse una porta per l’anima del Paese.

La più inaccessibile delle case è Kinza, alla quale possono accedere normalmente solo 18 persone al giorno, su prenotazione on line (non l’ho visitata, è descritta qui); la prenotazione è necessaria anche per il Minamidera (che sorge sul luogo di un vecchio tempio perduto) di James Turrel ma quest’ultima si fa sul posto nella biglietteria di Honmura il mattino. Il museo Ando, infine, è in pratica un’estensione dell’Art House Project nella quale l’artista ha trasformato l’interno di una casa nel suo tipico stile (cemento, linee essenziali).
Bagno I love Yu
Il vecchio bagno pubblico tradizionale di Miyanoura è stato arredato, dipinto, completamente ripensato dal solito Otake Shinro con un occhio alla tradizione e un sacco di ironia: mescola un bianco minimalista ai colori fluo, suggestioni orientalizzanti tipo hammam (con un elefante a separare zone maschili e femminili) accanto ad art nouveau ed estetica disco. Il risultato è uno dei più bei sento mai visti, ovviamente perfettamente funzionante. Non perdetevi un bagno caldo qui.
Il nome non è un errore, ma un gioco di parole: Yu significa infatti acqua calda in giapponese. Tenetevi dieci minuti per sfogliare e leggere, negli spogliatoi, il raccoglitore dove è raccontata la trasformazione del bagno e sono intervistate alcune persone che ci lavorano e come hanno vissuto la trasformazione del luogo (anche con sconcerto e diffidenza).


Le regole dei bagni pubblici sono le stesse degli onsen (sono uguali ma l’acqua non è termale). E qui, a differenza del tipico sentō, sono ammessi anche i tatuati!
Le altre opere
A Naoshima ci sono molte altre opere a cielo aperto e un museo dell’artista coreano Lee Ufan – interessante, ma che mi ha colpito meno – disegnato da Ando Tadao.
Visitare Naoshima
L’isola non è grande e si può esplorare in bici (ci sono numerosi noleggi). Tre le zone principali nelle quali si può dividere (fatta eccezione l’area industriale a nord, inaccessibile). I due porti sono Miyanoura (a ovest) che è anche quello principale e Honmura, più piccolo, a est. A sud si trova invece l’area della Casa Benesse, che ospita il museo sotterraneo, il museo a cielo aperto e il museo Lee Ufan ed è pedonale, attraversata solo da bus navetta (ma si può percorrere anche a piedi in meno di mezz’ora).
Chi desidera vistare Naoshima può arrivare in traghetto da Takamatsu (da 25 a 60 minuti) o da Okayama (15-20 minuti dal porto di Uno). Questa la pagina dei trasporti sul sito ufficiale. L’ideale è inserirla nell’arco di un viaggio nello Shikoku.

Come organizzare la visita a Naoshima
Tanti sono tentati di visitare la visita in giornata da Okayama o Takamatsu, ma il tempo non è per me sufficiente. Un giorno è troppo poco per visitare l’isola e apprezzarne le opere d’arte.
L’ideale è dormirci almeno una notte e concedersi almeno un giorno e mezzo per le visite. Honmura ha un certo fascino e potendo permetterselo bisognerebbe alloggiare alla Benesse House. Ma il posto più comodo e a buon mercato dove alloggiare è Miyanoura: per esempio alla simpatica guesthouse Seven Beach o al minshuku Maroulla house. A Honmura la guesthouse Oomiyake consente di dormire in una casa vecchia quattro secoli
⇒ cliccate qui per un ripasso dei tipi di albergo giapponesi
Qui trovate la mappa ufficiale
Un’ultima annotazione: i biglietti dei musei non sono economici (e ogni opera ha biglietterie separate) e si sente la mancanza di un abbonamento. Non è necessario vedere tutto, anche perché il tempo non sarai mai abbastanza. Quindi scegliete bene cosa vedere.
Per ulteriori informazioni potete leggere il mio post Viaggio nel mare interno