La città forse non è bella, ma non mancano i motivi per visitare Takamatsu: dal giardino Ritsurin alle isole, per arrivare al castello di Tamamo. Che non c’è.
Takamatsu, come molte città giapponesi, non si può definire bella. Non bastano la presenza del mare e di una storia antica, di un castello che non c’è più, del sito della battaglia di Yashima di una guerra lontanissima e del celebre giardino Ritsurin (un vero gioiello). La verità è che oggi la città appare un po’ sciupata e dimessa. Ma a me è piaciuta. Ha un’atmosfera un po’ vintage, nostalgica, forse dovuta ai tanti e lunghi mercati coperti, allo sferragliante treno/tram kotoden, alla sfrenata passione della gente per gli udon. Ci sono ristorantini che li servono un po’ ovunque, spesso con una strana modalità ‘self service’ di comprensione non immediata (a volte vanno addirittura cotti da soli).
E sono proprio le scodelle di udon a scandire la visita in città di uno straniero. Questi tagliolini spessi e leggermente gommosi sono preparati in un’infinità di modi (ce n’è pure una simile alla carbonara). E dopo la prima scodella di sanuki udon (così chiamati dal vecchio nome della provincia di Kagawa) viene voglia di provarle tutte.

Non mi aiuta di certo a scegliere l’oste del minuscolo ristorante consigliatomi dalla guesthouse dove alloggio (“il proprietario è un po’ particolare, ma simpatico”): gli ho chieso quale fosse la specialità, visto che in lista ce ne saranno state trenta versioni. “Tutte, sennò non sarebbero in menù”, risponde con un’espressione leggermente beffarda. Ma è forse proprio questa frase ad avermi fatto venir voglia di tornare nel suo locale più volte. La conversazione non è mai andata oltre frasi lapidarie e bofonchiate, ma a parlare erano gli udon.



Ecco, non è che sia necessario andare sempre in giro per siti turistici per apprezzare una città. Le città mi piace viverle e fingere per qualche giorno di viverci, con il privilegio, però, del tempo ‘da perdere’ del turista. A Takamatsu ho fatto lunghe passeggiate. Ho curiosato nei negozi, mi sono fermato per gli udon e sono entrato in un negozio di barbiere che mi serava uscito da un vecchio manga. Un piccolo angolo di epoca Showa, quel dopoguerra al quale molti giapponesi guardano con un po’ di nostalgia.

L’anziano barbiere è rimasto di sale, sulle prima. Chissà da quanto non entrava uno straniero. “America?”, ha chiesto. Io ho risposto “Italia”. Ha annuito, non so se sollevato. Ha lasciato perdere la partita di baseball in tv (lo sport più popolare della sua generazione), ha chiamato la moglie che gli ha preparato tutti gli strumenti. E mi ha fatto barba e capelli. I viaggi sono sempre anche viaggi nel tempo, scriveva Paul Theroux. E nella periferia di Takamatsu forse più che altrove.

Il castello di Takamatsu
Al castello di Tamamo, così era chiamato, sono andato anche se non c’è più. Amo gli splendidi, aggraziati castelli giapponesi più di quelli europei. Ma il castello di Takamatsu è un vuoto, un’assenza. Certo non è l’unico castello giapponese ad essere andato perduto. Di centinaia di antichi, eleganti castelli ne sono rimasti appena 12 di originali fra incendi, terremoti, bombardamenti e sopratttutto demolizioni antiche e recenti. Perché per esempio nel periodo Edo erano fortezze militari di cui limitare il numero per evitare problemi, più avanti nel periodo Meiji vecchiume da demolire.
È quello che è successo al castello di Takamatsu. Ma in genere l’assenza non si nota così nettamente come accade qui. In diversi casi le torri perdute sono state ricostruite in cemento (o in alcuni casi con materiali più vicini a quelli originali), altre volte le fondazioni in pietra sono mezze nascoste. Anche a Tokyo le fondazioni del castello di Edo al centro di un grande parco sono enormi, ma non si impongono nel paesaggio con forza.

Pure a Takamatsu oggi c’è un grande, piacevole parco. Ma qui, invece, le fondazioni in pietra, possenti eppure arcuate in modo elegante si slanciano fuori dall’acqua di mare del fossato anelando alla verticalità. E rimangono sospese ed evidenti come un punto interrogativo in un foglio bianco. Dove un tempo c’era la torre, non c’è nulla. Ed è perfetto così.
Quelle mura di fondazione sono state restaurate qualche anno fa e ci sono progetti per ricostruire anche il castello, basandosi su una vecchia foto. Spero non lo facciano.


Completato nel 1590, il castello era eccezionale, uno dei pochissimi castelli di mare (solo tre in tutto il paese): il Mare interno (che oggi non bagna più il muro esterno) era una barriera naturale su un lato del castello e forniva l’acqua per il grande fossato. I samurai del clan Matsudaira, che controllò il castello dal 1642 ed eresse la torre principale, usavano il fossato per allenarsi nel nuoto, una disciplina fondamentale per chi viveca sull’acqua.
Se mi concentro e mi dimentico dei palazzi sullo sfondo posso ancora vedere i samurai, nuotare intorno al castello. Il tempo è passato e non c’è più, così come loro. Va accetttato.
E immaginarlo com’era è forse anche più bello che vederlo ricostruito.

Il giardino Ritsurin
Il giardino Ritsurin è un’altra meraviglia lasciata alla città dal clan Matsudaira. Spesso si viene solo per questo. E non è del tutto un errore perché è di quelle mete, se siete sensibili alla bellezza dei giardini giapponesi, che vale il viaggio.

Sul giardino ho però scritto un post più completo qui: I magnifici pini del Ritsurin
I dintorni di Takamatsu: Yashima e le isole
Anche i dintorni della città sono interessanti. Yashima, l’isola piatta, è un rilievo a est della città che ha dato il nome a una battaglia decisiva della guerra Genpei, nel 1185. Il clan Minamoto sconfisse i Taira in una sanguinosa battaglia navale. Oggi è un luogo molto turistico. Sulla vetta c’è il tempio numero 84 del cammino dello Shikoku, ma anche un vecchio acquario. Come in altri posti del Giappone, si lanciano nel burrone dischi di terracotta portafortuna. Si dice che ricordi il lancio delle teste dei Taira sconfitti. Alla base c’è invece Shikoku Mura, uno dei tanti bei musei giapponesi a cielo aperto: vi sono conservati edifici storici di tutta la regione.

Yashima può essere raggiunta con i treni JR o Kotoden in meno di mezz’ora. Dalle stazioni poi è però necessaria una navetta per arrivare in cima. Ce n’è solo una all’ora.
I traghetti per le isole
Takamatsu è porta d’accesso a diverse isole del mare interno. Dal suo porto possono essere raggiunte Shodoshima (da 30 a 60 minuti) e Naoshima (da 25 a 60 minuti), isola celebre per le sue opere d’arte e al centro della Triennale del Mare interno. Più vicine a Takamatsu le piccole isole di Ogijima e Megijima, quest’ultima molto visitata in estate per la sua spiaggia.
Arrivare a Takamatsu e come spostarsi
Takamatsu ha un aeroporto servito da molti voli nazionali ed è servita da collegamenti ferroviari con il resto dello Shikoku e Okayama (53 minuti). Per arrivare da Tokyo si possono considerare circa 5 ore, con cambio a Okayama(ci sono anche bus notturni e un treno notturno, volendo).
Spostandosi all’interno dello Shikoku, intreno sono circa due ore e mezza da Matsuyama. Un’ora e mezza, invece, da Tokushima.
A Takamatsu ci si sposta con i bus, ma soprattutto con la linea Kotoden (non inclusa nel Japan rail pass, ma compresa nel pass dello Shikoku).
Dove dormire e mangiare a Takamatsu
Qualche ristorante di udon? Quello che ho citato all’inizio è Mennosuke e un altro ottimo posto è Kawafuku. Ma a Takamatsu ci sono innumerevoli posti dove si mangiaa bene. Chiedete al vostro albergo, per esempio. A proposito, io ho alloggiato all’economica e simpatica guesthouse Wakabaya, un po’ decenterata ma molto carina.
Per continuare a leggere
- Itinerario nello Shikoku
- I magnifici pini del giardino Ritsurin
- Visita a Megijima, l’isola degli oni
- Tutti i post sul Giappone