Viaggio a Beppu, la capitale degli onsen, in Kyushu. Una delle poche città giapponesi dove non si va solo per bagnarsi nelle sorgenti termali ma anche per ammirarle.
Quando si arriva a Beppu l’impressione è quella di avvicinarsi agli inferi. O a Mordor. La città viene annunciata da fumi e vapori e da un odore sulfureo persistente che la ammantano di un’atmosfera fantasy, alimentata dal nome, con un suono così singolare, vagamente europeo. In realtà, il panorama è anche allarmante, visto che all’inizio le case nemmeno si vedono e i boschi e le montagne sembrano in fiamme.
Il fuoco in effetti c’è, fumi e vapori non mento mai, ma in profondità: il sottosuolo da queste parti ribolle furibondo e la vasta città che riempie gli spazi irregolari fra le alte montagne (oltre mille metri) e il mare, è adagiata su sorgenti termali dalle quali fuoriescono 70.000 metri cubi di acqua caldissima ogni giorno (fra i 37 e i quasi cento gradi).
Nessuno in Giappone ne produce tanta (sono 70 milioni di litri al giorno) e a dire il vero Beppu è fra le prime località al mondo in questa classifica: l’acqua viene fatta raffreddare prima di essere immessa negli onsen della città, notoriamente roventi, ed emette vapore. Tutto qua. Ma è decisamente scenografico.
Nota: molte foto non sono mie perché avevo la macchina fotografica fuori uso

Poi, vista un po’ più da vicino Beppu cambia volto, perde un po’ di magia e assume un fascino comunque intenso, ma molto differente da quanto l’arrivo lasciasse presagire. La città appare un po’ malinconica, carica di promesse ma arrugginita e sciatta come una località turistica bloccata in una bassa stagione che dura da decenni. Le colline sembrano pronte ad avanzare per riconquistare lo spazio sottratto dal cemento.

Alcuni scorci, alcuni edifici sembrano alludere a tempi diversi, un’età dell’oro passata: insegne e pubblicità sciupate che segnalano bizzarri resort termali e alberghi a tema, per esempio. Certe insegne fanno pensare a una specie di Las Vegas termale e in effetti non è del tutto sbagliato, visto che l’ispirazione è più o meno quella. Kumahachi Aburayama, il primo a promuovere in tutto il Paese le terme di Beppu negli anni ’20 del novecento, aveva vissuto a lungo fra Stati Uniti, Canada e Messico dove aveva imparato tecniche di promozione e marketing ed era stato affascinato dalla capacità americana di ‘vendere’ prodotti e luoghi. E così aveva trasformato Beppu in una delle prime località turistiche moderne del Giappone, con visite guidate di gruppo e pubblicità. Beppu divenne popolarissima e ha mantenuto a lungo questa vocazione anche nel dopoguerra, meta di viaggi di gruppo e viaggi premio aziendali, a volte.
Il ‘fondatore’ viene ricordato da una bizzarra statua, proprio come nella Springfield dei Simpson. Ma paradossalmente molto più ironica e strana: il vecchio Kumahachi sembra balzare in avanti quasi per ‘acchiappare’ i visitatori, proprio davanti alla stazione di Beppu. Ha una specie mantello al quale è appeso – o si fonde con esso non è chiaro – un bimbo (e che ricorda le tante iniziative per i bambini avviate al tempo). A suo modo è anche tenera, commovente. Credo che mi piacerebbe essere ricordato da una statua così: è strana, ma non si dimentica.
A proposito, il signor Aburaya ha ‘creato’ anche la vicina località termale di Yufuin.

Le sorgenti termali di Beppu
A Beppu si viene per le terme e ha ben otto zone termali disseminate in un’area abbastanza vasta: Hamawaki, Beppu, Kamegawa, Kannawa, Myoban, Kankaiji, Horita and Shibaseki. Meglio avere un’auto per spostarsi, ma ci sono anche dei bus. In realtà però i bagni non bastavano alla città. Fra il 1910 e la fine degli anni ’20 alcune sorgenti termali e fenomeni di vulcanismo (molto diffusi in Kyushu, per esempio a Unzen) vennero utilizzati per creare degli onsen ‘da vedere’ con effetti più o meno spettacolari. Sono i particolarissimi jigoku, letteralmente ‘inferni’, di Beppu e sono concentrati in due zone (la maggior parte a Kannawa e due a Shibaseki): erano meta dei viaggi di gruppo delle origini di Beppu e si sono conservati attraverso i decenni con aggiunte, modernizzazioni.

I jigoku continuano ad essere un’attrazione estremamente popolare ma in molti casi anche strana e kitsch. A volte anche un po’ deprimente, come nei casi in cui si utilizzano animali per creare dei ‘tableau vivant’.
C’è un pass valido due giorni che consente di vedere sei inferni di Beppu ma io mi sono stancato in fretta. Dopo un po’ i jigoku smettono di essere sorprendenti e diventano noiosi, lasciando uno strascico di perplessità che resta ben dopo la visita. Fra quelli che ho visto l’unico a meritare certamente la visita è l’Umi jigoku, ‘l’inferno del mare’. Eccone tre da visitare, tutti a Kannawa.
I biglietti costano 400 yen, 2000 il pass per sei visite.
Sempre a Kannawa, vicino agli ‘inferni’, c’è anche il popolarissimo centro di cottura a vapore (Jigokumushi Kōbō Kannawa) dove si può cucinare il proprio cibo utilizzando il calore geotermico e consumarlo sul posto. Si può portare da casa o acquistare i comodi kit già preparati sul posto.
Umi Jigoku (‘inferno del mare’)
L’inferno del mare è immerso in un parco lussureggiante, al centro del quale c’è una serra riscaldata dai vapori geotermali. L’attrazione principale è un lago di un colore azzurro intenso che dà il nome all’attrazione. Qui l’acqua è ‘sparata’ dalle viscere della terra a 98 gradi con un sibilo assordante fra nuvole di vapore, come un piccolo geyser.
Vicino all’ingresso ci sono le classiche vasche termali per i piedi dove rilassarsi qualche minuto (ci sono piccoli asciugamani in vendita nei distributori in loco per pochi yen).

Kamado jigoku (inferno della cucina)
Al jigoku della cucina si viene accolti dalla grande statua di un oni (un demone), armato di un grande cucchiaio da riso. Ci sono numerose pozze, blu, rossastre e onsen per i piedi. E un banco dove si vendono verdure e uova (buonissime) cotte nell’acqua termale.



Onishi Bozu jigoku (Inferno delle teste di monaco)
I bozu sarebbero i monaci (i bonzi) e questo ‘inferno’ prende il nome dalle bolle di gas che emergono dal fango, simili a teste calve. È un ‘inferno’ molto antico e i fanghi erano già presenti in questa zona prima che il primo stabilimento venisse costruito. Questo è il sito ufficiale.

Le terme di Beppu
Non ci sono solo gli inferni, anzi, a Beppu si viene però soprattutto per i bagni termali. Amo gli onsen e Beppu ne è considerata a buon diritto la capitale.
Quelli degli alberghi sono spesso eccellenti e praticamente tutti a Beppu hanno vasche comuni e in moltissimi casi vasche private. Il nostro ryokan, Sennari, ne aveva addirittura tre, piccole ma molto curate. Ma non mancano le possibilità alternative perché il tesoro del sottosuolo di Beppu è utilizzato in moltissimi modi.
Si va dai celebri bagni di sabbia, nei quali si può fare la bizzarra esperienza (sulla cui piacevolezza ho qualche dubbio) di venire ricoperti di sabbia scura e caldissima, lasciando fuori solo la testa (per esempio a Beach sand bath) a varie strutture termali, antiche, come Takegawara, aperto nel 1879, o moderne, come Aqua garden. Quest’ultima struttura propone anche vasche miste dove si fa il bagno in costume (come in tutti i grandi onsen di questo tipo i tatuaggi sono però vietatissimi).

Vicino a Beppu
Beppu è nella provincia di Oita, una delle più belle del Kyushu, ricchissima di arte e storia.
- La penisola di Kunisaki, con i suoi antichi templi e buddha di pietra e la città dei samurai di Kitsuki sono molto vicine. Circa tre quarti d’ora in auto.
- Verso sud-est, a meno di un’ora di auto, si possono ammirare gli straordinari Buddha di Usuki
- Beppu non è lontana dal monte Aso e da altre staordinarie località termali, fra cui Kokonoe, Kurokawa onsen e l’elegante (e assai turistica) Yufuin
- Il mio itinerario in Kyushu per farsi un’idea di come inserire Beppu in un viaggio alla scoperta di quest’isola meravigliosa
Per informazioni sulle terme giapponesi e su come comportarsi vi consiglio di leggere la mia piccola guida agli onsen.