A Nagoro, nel paese degli spaventapasseri

di Patrick Colgan

Nel cuore della valle di Iya, Shikoku, un posto strano e commovente, che parla di un problema con il quale il Giappone sta facendo i conti

A Nagoro non abita più nessuno. Questo piccolo paese, anonimo, della valle di Iya, in mezzo allo Shikoku, si è spopolato, come accaduto a tanti luoghi simili in Giappone, il Paese al mondo nel quale più gente vive nelle grandi città. Con i paesi se ne va un patrimonio di cultura, ma anche di paesaggio: in campagna le risaie restano abbandonate, le vecchie case secolari vanno in rovina e chi resta si trova con i rapporti sociali ridotti al minimo.

Da Nagoro ne sono andati quasi tutti: un tempo ci vivevano centinaia di persone, oggi sono poche decine. Ha chiuso la scuola, dove alla fine erano rimasti appena due studenti e un insegnante, hanno chiuso le imprese locali. Eppure è pieno di occhi che mi guardano. La fermata del bus è affollatissima, c’è chi è al lavoro nei giardini, figure che mi osservano dalle finestre. E anche la vecchia scuola, che dovrebbe essere abbandonata, ha le aule piene. In palestra poi, c’è una folla enorme che celebra una festa religiosa, un matsuri. Tutto nel silenzio più assoluto.

Perché a Nagoro, ci sono una trentina di abitanti in carne e ossa e circa 400 strani spaventapasseri (kakashi, in giapponese) dalle fattezze che ricordano un po’ i personaggi degli anime. Ma le loro espressioni, i loro atteggiamenti, sono incredibilmente umani. Qualcuno chiama il posto la valle delle bambole.

Nagoro, il paese degli spaventapasseri: la fermata del bus
Spaventapasseri a una fermata del bus (foto di Patrick Colgan, 2019

A casa della ‘mamma’ degli spaventapasseri

Questi pupazzi li crea Tsukimi Ayano, 70 anni.  A Nagoro è nata, poi anche lei se ne è andata nella grande città, a Ōsaka. Nel 2003 è tornata e il paese non era più quello che ricordava. Non c’era più nessuno e altri ancora se ne stavano andando.

La signora Tsukimi mi riceve nel giardino di casa sua, disseminato di mostriciattoli in ceramica e altre sue creazioni.  È seduta a un tavolo in legno ed è impegnata con ago e filo a realizzare un altro pupazzo. Li chiamano kakashi, spaventapasseri, ma sembrano più grandi bambole a grandezza naturale.

“Iniziò tutto quando creai uno spaventapasseri per il mio orto”, racconta senza guardarmi direttamente, ma davanti a sé, come fanno i giapponesi, specie i più anziani, “e notai che il mio vicino lo salutava quando ci passava davanti. E così ne creai un altro e poi un altro ancora”.

Tsukimi Ayano
Tsukimi Ayano e i suoi ‘kakashi’ (foto di Patrick Colgan, 2019)

Ora gli spaventapasseri sono quasi 400, ognuno con una sua personalità, un nome. Alcuni sono vecchi abitanti del villaggio, altri sono personaggi di fantasia. C’è anche lei stessa fra di loro e uno con cravatta a stelle e strisce assomiglia molto al presidente americano Trump. Col tempo ha iniziato a metterci un tocco d’ironia, inserendo anche personaggi famosi. Quando di qua è passato James May per la sua serie su Amazon Prime, ha creato uno spaventapasseri basato su di lui. A Nagoro non c’è nessuno, insomma, ma in un certo senso c’è tutto il mondo.

“Penso solo agli spaventapasseri, dedico loro tutta la mia vita”, dice la signora Tsukimi. E in effetti il lavoro è incessante, visto che gli spaventapasseri sono tutt’altro che eterni, durano alcuni anni, poi, specie quelli che si trovano all’esterno, vanno sostituiti. Mi fa vedere come si creano: si parte dalla testa e la parte più delicata è la bocca, perché la sua cucitura è quella che dà le sfumature decisive all’espressione. Il corpo è pieno di fogli di giornale. Organizza anche dei corsi, una volta al mese: fondamentale portarsi i vestiti per il proprio pupazzo.

Pupazzi in lavorazione a Nagoro
Pupazzi in lavorazione a Nagoro (foto di Patrick Colgan, 2019)

Un’opera d’arte

Quando avevo sentito parlare di Nagoro, il paese degli spaventapasseri (kakashi no sato), non avevo capito. Avevo pensato fosse una bizzarria, una trappola per turisti o un’idea semplicemente kitsch e un po’ inquietante. E invece camminando per i corridoi silenziosi della scuola, vedendo le aule piene di studenti, immagini cristallizzate come in un sogno di momenti quotidiani, semplici, gioiosi mi viene quasi da piangere. Perché tutto questo è stranissimo, certo, ma c’è sensibilità, tenerezza e si avverte un profondissimo dolore per i paesi che muoiono, per la solitudine assurda di Nagoro in mezzo alle ripide montagne.

È una grande opera d’arte potente, toccante come poche, una bizzarra, commovente Spoon river in tre dimensioni. La signora Tsukimi non lo ammette, non si definisce nemmeno artista. Ma forse ora si sente un po’ meno sola.

Nagoro, il paese degli spaventapasseri
La vecchia segheria (foto di Patrick Colgan, 2019)
Nagoro scarecrows
Due ‘abitanti’ di Nagoro (foto di Patrick Colgan, 2019)
A Nagoro
Notate un… intruso? (foto di Patrick Colgan, 2019)

Visitare Nagoro

Nagoro è nel cuore della Valle di Iya, un luogo piuttosto remoto al centro dell’isola di Shikoku. Il treno arriva fino a Ōboke poi il consiglio è di noleggiare un’auto o di utilizzare un servizio di noleggio con conducente  per visitre l’area, dal momento che i bus sono davvero pochi. Nagoro è 37 km a est dalla stazione e per arrivarci ci vuole poco meno di un’ora di auto. Ho raccontato tutto nel mio post sulla Valle di Iya. Dove sccoprirete che non è solo un luogo insolito: tutta la valle è uno scrigno di tesori.

Nel paese gli spaventapasseri sono un po’ ovunque. Nei giardini, affacciati alle finestre, addirittura sugli alberi. Non perdetevi la scuola, per me la parte più toccante della visita.

La vecchia scuola di Nagoro
La vecchia scuola di Nagoro (foto di Patrick Colgan, 2019
Dentro la scuola di Nagoro
La scuola di Nagoro (foto di Patrick Colgan, 2019)

Per saperne di più su Nagoro

Il paese degli spaventapasseri si può vedere nell’ultima puntata di Our man in Japan di James May su Prime video (serie che consiglio) oppure nel  breve documentario di Fritz Schumann, The valley of dolls. Eccolo:

Valley of Dolls from Fritz Schumann on Vimeo.

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