musica digitale e neuroni (pochi)

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La vendita di musica digitale è in aumento e così la Fimi pubblica una classifica ad essa dedicata. Al momento “vendita di musica digitale” significa sostanzialmente due cose: telefonini e iTunes.

Personalmente – e lo dico con la morte nel cuore – non posso non provare un intenso, profondo, disperato senso di frustrazione ogni volta che accedo ad iTunes.
Mi spiego. Non mi riferisco al prezzo alto dei singoli mp3 (1 euro, contro solo 1 dollaro negli Usa). Lo accetto, lo potrei anche accettare.

E’ semplicemente un’esperienza sconfortante: immancabilmente rimango scornato, deluso, frustrato. Per motivi insondabili ai comuni mortali e relativamente oscuri, infatti, i negozi on line di iTunes sono divisi per nazione, come è risaputo. E immancabilmente ciò che cerco, che non è certo quello che trovo nel negozio sotto casa, sennò non lo cercherei in Rete, non c’è, non esiste. Almeno sul sito italiano. E appare magicamente nell’area americana o britannica. Perché non posso acquistare e scaricare? Quando posso andare su Amazon e comprare un libro in America, che mi sarà spedito fisicamente a casa, non posso acquistare un mp3 che in un minuto potrebbe arrivarmi nel pc scomposto in pacchetti di bit attraverso il cavo del telefono? Siamo rincoglioniti?

Tutto questo è incredibilmente controintuitivo e anche un po’ idiota. Mettere barriere geografiche in un ambiente, la Rete, che consente di superarle, che non ha barriere geografiche, non si è mai rivelato un successo e non è una soluzione pensata specificamente per il mezzo. E’ una semplice trasposizione del mercato tradizionale sulla Rete. Esattamente quello che su Internet non ha mai funzionato.

Io ho sempre creduto che uno dei modi migliori di vendere musica on line fosse quello di creare un jukebox totale, la possibilità di accedere – a pagamento – a qualsiasi brano di qualsiasi artista esistente. E questo è uno dei motivi del successo di peer to peer come audiogalaxy e soulseek all’interno del pubblico della musica indie. Non solo la gratuità dello scaricamento illegale, ma anche, e soprattutto, all’interno di queste comunità, la facilità di reperire (e diffondere, da parte degli artisti) musica di nicchia, difficile da reperire anche attraverso i classici mail order.

Forse il pubblico indie e delle varie nicchie (che però sommate hanno una certa rilevanza) non è ritenuto centrale. Resta il fatto che creare un mercato digitale come quello attuale, sostanzialmente parallelo (se non sovrapposto) alla grande distribuzione e con prezzi ad essa fondamentalmente comparabili (10 euro per un album senza booklet né disco non sono pochi) semplicemente, non ha molto senso.

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0 Commenti

Peter Maggio 8, 2006 - 3:48 pm

non ne sapevo nulla. è un bel delirio, altroché.

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