Una vecchia stazione di posta nella provincia di Okayama: visita a Yakage
“Conosci le nostre danze, le danze kagura? Devi assolutamente tornare nel periodo giusto. Sono una tradizione antica e bellissima, devi vederla”. Ci vuole tutta la piccola folla riunita al bancone di una piccola izakaya di paese per raccontarmi un po’ in inglese, un po’ in giapponese, un po’ a gesti, indicandomi maschere appese al muro e foto degli anni passati, l’oroglio di Yakage, la tradizione che coinvolge tante famiglie. Le antiche danze kagura vengono rappresentate ogni anno nei santuari della zona fra ottobre e novembre e qui ne sono tutti orgogliosi. Siamo a metà novembre e le ho mancate per pochi giorni.
Stranieri non ne devono passare tanti da Yakage e sicuramente pochi si fermano in questo piccolo locale senza pretese che mi ha attirato per la scritta ‘ramen’ all’esterno.
A Yakage non c’è molta scelta e il ristorante che mi era stato indicato era completamente vuoto, mentre avevo oglia di compagnia, come spesso capita quando si viaggia da soli. E a Machidori (待鳥) questo il nome, l’ho trovata, assieme a un ramen fumante. Non potevo saperlo, ho aperto la porta un po’ titubante – non si vedeva nulla dell’interno – e sono entrato. Dopo un po’ di sguardi incuriositi, gli avventori del locale hanno cominciato a offrirmi sake e sashimi e a superare gli imbarazzi. Succede sempre così e la differenza fra la grande città e i paesi si assottiglia, quasi si annulla quando si mangia e si beve al bancone. Un po’ come nelle puntate della serie di Netflix ‘Midnight diner’ che ha il potere di riportarmi immediatamente a quelle atmosfere.


La storia di Yakage
Yakage è una cittadina speciale, dove la memoria è importante, è mantenuta viva, custodita. Conta appena 14.000 abitanti e si trova una quarantina di minuti a ovest di Okayama, fra le colline. Era una fermata lungo la strada San’yodo (San’yōdō, 山陽道), uno degli itinerari usati per recarsi a Edo dall’ovest del Giappone in base alla norma del sankin kotai, la pratica che mantenne a lungo la pace nel Paese dopo secoli turbolenti: fra ‘600 e ‘800 i daimyo, i signori feudali delle province dovevano trascorrere periodi a Edo a intervalli regolari, recandosi ogni anno nella capitale con maestosi cortei degni della loro importanza, formati spesso da centinaia di persone. Negli altri periodi a risiedere a Edo doveva essere la loro famiglia.
Una pratica che li indeboliva economicamente e li manteneva sotto il controllo dello shogun, prevenendo pericolose ‘alzate di testa’. Decine di cortei di questo tipo percorrevano ogni anno, in particolar modo in primavera, i grandi itinerari di collegamento e dovevano essere uno spettacolo imponente: i percorsi più celebri erano il Tokaido e il Nakasendo, fra Kyōto e Edo. Diventarono un classico dell’immaginario e del paesaggio giapponese e furono raffigurati da grandi artisti come Hiroshige e Hokusai.

La rete di strade era punteggiata in tutto il Paese di stazioni di posta dove i signori e i loro cortei potevano riposare e rifornirsi. E alcuni tratti di queste strade sono conservati come erano un tempo, per esempio fra Magome e Tsumago.
Anche Yakage racconta ancora questa storia: non si nota subito perché l’aspetto della cittadina è in larga parte moderno e a prima vista poco affascinante. Ma bisogna fare attenzione ai dettagli, esplorare un po’ l’abitato. Yakage ha una forma allungata ed è raccolta lungo circa 800 metri dell’antica strada che ancora oggi è la via principale (e porta il nome di vecchia San’yōdō). E gli edifici storici sono numerosi. Accanto alle case moderne e ad altri edifici che vantano più di un secolo, ce ne sono ancora una decina del periodo Edo, ben restaurati nell’arco degli ultimi decenni. Fra questi la residenza detta Honjin, dove alloggiavano i daimyo in sosta.
Una tradizione di cui il paese è fiero. I vecchi cortei rivivono a Yakage la seconda domenica di novembre con una rappresentazione in costume che coinvolge un’ottantina di figuranti e che si tiene da quasi mezzo secolo. Richiama circa trentamila spettatori.
La residenza Honjin
Grande edificio in stile tradizionale di inizio ‘600, lo Honjin non trasuda opulenza all’esterno. Si presenta piuttosto con una sobria, seria eleganza. La residenza della famiglia Ishii era una distilleria di sake (funzione che mantenne poi anche nell’800) ma ospitava anche i samurai di alto livello e i daimyo che si fermavano in paese assieme agli accompagnatori di alto rango. Tutte le stazioni di posta avevano uno honjin e una residenza di grado appena inferiore, lo waki-honjin, mentre i servi di livello inferiore dormivano in locande più umili, hatagoya.
Come molte vecchie case, lo honjin di Yakage, si sviluppa in profondità e nelle trentatrè stanze e undici edifici che compongono il complesso si trovano aree meravigliosamente decorate con fusuma dipinti, sormontati da raffinati intagli nel legno ranma che creano intrecci di luce e ombra sul tatami. Ci sono stanze maestose, sostenute da travi enormi, ricavate da cedri di Yakushima, affacci su un bel giardino e, sul retro, le stanze che erano dedicate alla produzione di sake.
Un vero gioiello, raro. In tutto il Giappone solo una quindicina di residenze di questo tipo sono sopravvissute (e qui ce n’è l’elenco).



Il tempio Daitsu-ji
Si arriva al vecchio tempio zen fra le colline attraversando un panorama di risaie forse immutato da secoli, un paio di chilometri a nord del paese. Il tempio Daitsuji (大通寺), che fa parte delle setta Soto, apre alle visite solo su appuntamento. Mi accoglie un monaco gentile che mostra i particolarissimi pannelli fusuma dipinti da Taido Mui, pittore del ‘900, morto nel 2008. Ce n’è uno dedicato alla luna che è davvero semplice, strano, bellissimo: un cielo stellato e una grande luna che danza nell’oscurità. Ammirare la luna 月見, tsukimi è una tradizione antica, in Giappone.
Ma il dipinto è singolare, magnetico: il terreno nel dipinto è bianco e l’impressione è di essere sulla Luna, come nelle immagini dello sbarco del 1969. Quel globo candido nel cielo potrebbe essere la Terra, penso, anche se è troppo piccola.
Ecco, forse questo dipinto ci ricorda, semplicemente, quanto siamo piccoli.


Il vero tesoro del tempio è però il suo bellissimo giardino di pietra, il Sekijuen. Novembre è uno dei mesi migliori per ammirarlo nello splendore del foliage. Lo realizzò un ricco mercante locale fra 1793 e 1813. E lo fece con grande grazia.



Dove alloggiare, dove mangiare a Yakage
Diverse vecchie case di Yakage ben ristrutturate – in genere arredate in stile occidentale – fanno ora parte dell’albergo diffuso Yakage-ya, la prima struttura di questo tipo in Giappone. Si può dire che un po’ come accadeva un tempo, tutto il paese è un alloggio.
Esperienze nel paese che vanno dalla partecipazione alle danze kagura, a lezioni di cucina per arrivare fino alla meditazione zazen si possono prenotare sul sito Your home town Yakage.
Come arrivare a Yakage
Arrivare non è difficile se si è in zona. A Okayama si va sia per ammirare il giardino Korakuen, che la vicina località di Kurashiki.
Per visitare Yakage da Okayama è necessario cambiare due treni, ma il viaggio è piuttosto breve, una cinquantina di minuti in tutto: si prende la linea Hakubi e si scende a Kiyone. Da qui si prende la linea Ibara per Yakage. La stazione è abbastanza centrale e in paese ci si può spostare a piedi (anche il tempio è a mezz’ora di cammino dal centro, in fondo. L’ideale sarebbe però avere una bici). Se ne avete bisogno ho scritto un post con informazioni sui pass ferroviari e i treni giapponesi.
Sia il tempio Daitsuji che lo Honjin sono chiusi il lunedì.
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