Viaggio in Grecia: Epidauro e Corinto

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Perché in Grecia non ci sono solo le isole. Secondo capitolo del viaggio in Grecia continentale, nel Peloponneso: per chi si commuove di fronte alle antiche rovine (come me, insomma). Visita al teatro di Epidauro, al santuario di Asclepio e all’Acrocorinto.

A Epidauro, nella quiete, nella grande pace che scese su di me, udii batter il cuore del mondo
(Henry Miller, da Il colosso di Marussi)

La folla claustrofobica dell’Acropoli di Atene mi è rimasta appiccicata addosso e nonostante a Micene e Capo Sounion abbia trovato la pace che cercavo, lo spauracchio di ritrovarmi di nuovo in un fiume di gente sotto un sole che brucia mi tormenta. Così partiamo all’alba da Nauplia per arrivare a Epidauro prestissimo. Vogliamo il privilegio di ritrovarci da soli nel famoso teatro, di avere l’impressione, anche solo per qualche minuto, di essere i primi a riscoprire queste antiche gradinate dopo un oblio millenario.
Il navigatore dell’auto a noleggio tenta di spedirci a Nuova Epidauro, la città moderna descritta come orribile dalle guide. Sarei anche tentato di andare a vedere se è proprio così – è l’effetto che mi fanno questi giudizi – ma resistiamo alle indicazioni sbagliate e arriviamo nell’enorme parcheggio che sono appena le 8. Siamo i primi, non c’è nessuno e l’aria ha la freschezza della notte, che il sole non ha ancora sbiadito.

Il teatro di Epidauro

Le antiche gradinate del teatro, costruite nel 340 a.c, sono immerse nel silenzio. Non sono ancora arrivati i gruppi. Ma la cosa che mi colpisce di più è il verde che ci circonda. È un verde brillante come, in questo Paese che d’estate diviene rovente, non avevo ancora visto. E’ una foresta che si estende a perdita d’occhio e abbraccia il venerabile semicerchio di pietra da ogni lato. Mi siedo in questa cavea dalla forma perfetta che ha superato i millenni praticamente indenne e se non fosse per i riflettori e alcune transenne l’illusione che cerco sarebbe completa.

Il teatro è ancora usato ed è giusto e bellissimo così: quando è possibile la storia non va chiusa in una teca, ma fatta vivere. Restiamo seduti in silenzio sulle pietre ancora fredde e resistiamo per un po’ alla tentazione di provare la famosa acustica, prima di lanciarci anche noi. Il piccolo trucco va in scena innumerevoli volte ogni giorno – messo in atto dalle guide con i gruppi di turisti – e non smette comunque di stupire: una parola pronunciata dal centro dell’orchestra si sente distintamente fino all’ultima fila.

Viaggio in Grecia continentale: il teatro di Epidauro
Viaggio in Grecia continentale: il teatro di Epidauro
Il teatro di Epidauro e il verdissimo bosco che lo circonda
il teatro di Epidauro e il verdissimo bosco che lo circonda (foto di Patrick Colgan, 2012)
Il teatro di Epidauro
Il teatro di Epidauro (foto di Patrick Colgan, 2012)

Spesso però, fino a quando non si arriva qui, ci si dimentica dell’Asclepion. Il teatro è, infatti, solo una parte di questo grande complesso archeologico, sacro al Dio Asclepio, figlio di Apollo e in grado di curare gli ammalati. E grazie a questo – nessuna guarigione avveniva, naturalmente, prima di aver fatto generose offerte – la zona ebbe uno sviluppo impetuoso, già nell’antichità, con mense, templi, alloggi costruiti su una vasta area.
Un business imponente. Le persone da curare, possiamo solo immaginare in che condizioni a quel tempo, passavano una notte in un edificio chiamato abaton, impenetrabile. Il Dio appariva in sogno e indicava i passi da compiere per guarire, oppure interveniva direttamente. Sarebbe facile guardare con scetticismo o dileggio questo ospedale dell’antichità. E invece c’è qualcosa di più profondo e interessante da scoprire e su cui riflettere e che riguarda il dolore, la speranza e il rapporto con l’ultraterreno: il piccolo museo ai margini dell’area archeologica è toccante. È pieno di statue, capitelli, pezzi di colonne, ma soprattutto di pezzi di corpo umano riprodotti: mani, gambe, teste, qualcosa di simile agli ex voto.

Sono tanti frammenti di vite che sento improvvisamente vicine.

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Il restauro ricostruttivo sembra essere ‘di moda’ in Grecia. Non mi piace. Ma in questo caso, limitato a una piccola porzione di edificio contribuisce a far capire cosa si ha di fronte (foto di Patrick Colgan, 2012)
L'abaton
L’abaton di Epidauro

Corinto e l’Acrocorinto

Vorremmo arrivare fino a Delfi, ma non abbiamo tempo. Però decidiamo di fare una piccola deviazione per andare a vedere un posto meno visitato, l’Acrocorinto, a circa 50 minuti d’auto da Epidauro. La Grecia ha una costante, che spiega anche la smania di ricostruire che si percepisce nei siti archeologici: di diversi luoghi grandi nell’antichità è rimasto pochissimo.  Micene era già dimenticata ai tempi di Pericle. Ma anche di Sparta, Tebe, Argo, per esempio, non c’è quasi più nulla: in parte è colpa di invasioni e distruzioni, in parte è perché marmo e pietra sono stati riutilizzati e dispersi nei secoli.

Tempio di Apollo e Acrocorinto
Tempio di Apollo e Acrocorinto, da Wikimedia Commons (foto di Davide Mauro– pubblicata con licenza creative commons)

È così anche per Corinto, un tempo città ricca e popolosa, al centro della storia e del mito, fu rasa al suolo già nel 146 A.C. (dai romani, nelle Guerre Macedoniche). Della città antica sono rimaste alcune colonne del tempio di Apollo. La città moderna è ad alcuni chilometri di distanza, mentre dove sorgeva la città antica c’erano fino a un paio di secoli fa alcune case. Ma anche questa memoria sbiadita dell’antica grande città fu distrutta da un terremoto a metà dell’Ottocento. C’è però qualcosa che ha superato i millenni: l’acropoli.

Siamo un po’ impreparati quando ci si presenta davanti un poderoso, impressionante, gigantesco masso di pietra piantato assurdamente, forse da un Dio dell’Olimpo o da un Titano, in mezzo alla pianura rovente. È incastrato nella terra. Una vista pazzesca, come se Zeus avesse voluto schiacciare per sempre un ciclope sotto a questo peso. Ma sorprendentemente non trovo traccia di miti del genere. Semplicemente Elio, il sole, e Poseidone si spartirono questo monte e l’Istmo. E attribuzione non poteva essere più appropriata: il sole di luglio, qui, arroventa le piante e le pietre che sembrano a un passo dal prendere fuoco. In cinque anni di liceo classico nessuno, a memoria, mi aveva raccontato quanto può divenire calda, bruciante l’estate in Grecia. Non avevo mai immaginato Socrate o Alcibiade grondanti di sudore in questi mesi feroci, quando scappare sulla costa diventa un’urgenza.

Questa grande pietra che domina l’istmo è stata abitata e ritenuta sacra fin dai tempi da arcaici, poi è  divenuta una fortezza nel medioevo, funzione rimasta, fra alterne fortune, fino al secolo scorso. L’Acrocorinto è un singolare frullato della tormentata storia greca, che si ritrova disposta caoticamente sul monte, come se fosse un puzzle da ricomporre. Si mescolano fortificazioni bizantine, veneziane, ottomane, mentre all’interno si scoprono resti di chiese, moschee, rovine greche e romane. Vorremmo arrivare al famoso tempio di Afrodite (dove, secondo alcune fonti, le sacerdotesse praticavano la ‘prostituzione sacra’), sul punto più alto di questa roccia. Sono rimaste poche colonne, ma la vista dovrebbe essere eccezionale. Proviamo a inerpicarci lungo il sentiero bollente che sale in mezzo all’erba alta e giallastra, ma il caldo di mezzogiorno è intollerabile e capiamo anche perché qui il sito chiuda alle 15: il pomeriggio si rischierebbe probabilmente di ardere vivi.

Anche noi ci rendiamo conto che non riusciremo mai a resistere con questi 40 gradi:  per arrivare al tempio ci vuole un’ora per salire e altrettanto per scendere. Desistiamo, non prima di esserci goduti il panorama dalle mura: non sarà quello del tempio di Afrodite, ma anche da qui è impagabile.
Il consiglio, insomma, è di arrivare alle otto di mattina.

Dall'Acrocorinto si vede il mare (foto di Patrick Colgan, 2012)
Dall’Acrocorinto si vede il mare (foto di Patrick Colgan, 2012)
Sull'Acrocorinto
Sull’Acrocorinto (foto di Patrick Colgan, 2012)
Sull'Acrocorinto
Sull’Acrocorinto (foto di Patrick Colgan, 2012)

Dove mangiare a Corinto

Scendiamo, affamati e distrutti che è l’una passata, con l’obiettivo di mangiare. Sulla tortuosa strada dell’acrocorinto incrociamo bettole fumose e sonnolente, taverne chiuse o semideserte e di dubbia natura. Nemmeno la fame è sufficiente per farci fermare in questi posti: sembra di guidare nel deserto. Così decidiamo di fidarci della guida e arriviamo a Marinos rooms, un albergo/guesthouse con ristorante. Sembra non ci sia nessuno e siamo un po’ dubbiosi. Gli stessi gestori sembrano molto sorpresi di ritrovarsi di fronte due italiani semi-disidratati. Ma il tavolo ci viene preparato in pochi minuti e questo posto si rivelerà una sorpresa splendida, un’oasi nel deserto: nessun menù, come spesso capita nei posti migliori, e subito arrivano ottimi, gustosi antipasti e insalate fatte in casa. Questa guesthouse è davvero una piccola gemma, insospettabile (grazie, Guida Routard).

Così anche questa parte del viaggio sta finendo, attraversato l’istmo, dove ci fermiamo alcuni minuti per guardare il canale, lasceremo il Peloponneso. Da qui Atene sembra quasi a un passo: sono solo 80 chilometri e se non c’è traffico ci vorrà meno di un’ora (ma è quasi certo, quando ci avvicineremo ad Atene). Da lì, poi, prenderemo la via del mare (per Naxos).

viaggio in Grecia continentale: il canale di Corinto
Il profondo canale di Corinto è lungo 6 chilometri collega Mar Ionio e Mar Egeo
(foto di Patrick Colgan, 2012)

Link per un viaggio in Grecia continentale

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0 Commenti

manuelavitulli Giugno 27, 2014 - 9:15 pm

I tuoi viaggi mi piacciono per 2 motivi:
– non sono mai scontati. Una persona “comune” direbbe che va in Grecia per il mare, tu invece riesci a cogliere l’essenza più speciale dei luoghi che visiti.
– per come li racconti. Coinvolgente e professionale senza essere mai “pesante”.

Complimenti, sei tra i blogger che più stimo.

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acasadiclara Giugno 19, 2014 - 9:29 pm

(ho studiato archeologia, quando vado in grecia e in genere sulle rive del mediterraneo mi sembra di tornare a casa)

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acasadiclara Giugno 19, 2014 - 9:28 pm

mitico peloponneso. io ci sono stata due vole, sempre in giro, l’ultima volta con i miei figli, che l’hanno adorato, nonostante il caldo, nonostante – per modo di dire – i siti archeologici che ovviamente abbiamo visto (non dimenticheremo mai quanto caldo faceva ad argo) e che ovviamente sono stati il fil rouge della nostra vacanza insieme alla greek salad e alle frittelle di zucchine. e al mare ovviamente, che anche nel peloponneso ha il suo perchè ma dagli italiani di solito viene disdegnato a favore delle isole. il mio posto preferito è gialova nella baia di navarino e una taverna di Pilos per cenare alla sera. una casa sotto gli ulivi e la spiaggia a pochi passi ma va bene anche ad un kilometro (e allora la casa sta sulla collina). altro luogo del cuore: methoni (ci sei stato?) e anche atene pur nelle sue criticità.

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patrick Giugno 20, 2014 - 1:07 pm

grazie per questi tuoi commenti appassionati! Non sono stato nei posti che citi e questo dà un’idea di quanto ci sia da scoprire anche nella grecia continentale. Che poi tu abbia studiato archeologia e che tu abbia condiviso alcune delle mie emozioni e commentato mi fa moltissimo piacere. Scrivendo delle mie emozioni, mi sentivo ingenuo, specie al pensiero che qualcuno che li conosceva ‘davvero’, più approfonditamente, mi avrebbe letto.
grazie ancora

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