Viaggio a Pantelleria

di

Pantelleria a settembre, che è fuori stagione. Viaggio atteso da anni in un’isola aspra e bellissima

“Pantelleria non è un’isola facile, è dura. E’ un’isola dove si va per staccare dal mondo. Ma richiede del tempo. Ha un aspetto ostile. La roccia nera e quel mare di quel blu così intenso fanno paura”.  Sono le parole di una persona che ci vive da sempre, in quest’isola spuntata nel Mediterraneo fra Italia e Africa dopo una serie di antiche eruzioni e che ce la descrive così davanti a un bicchiere di vino passito. E in effetti Pantelleria è davvero molto bella, ma ha un fascino che non si percepisce subito. E ha qualcosa di inquietante. Non tutti se ne innamorano.

Ed è nera, e questa è la cosa che mi colpisce di più. In casa mia il nome di quest’isola è stato pronunciato spesso, fin da quando ero piccolo: mio nonno c’era stato durante la guerra e aveva rischiato di morire sotto un bombardamento. E’ un’isola che per me è sempre stata teatro di storie, ma nessuno me ne aveva mai descritto i luoghi e i colori, così unici e sconcertanti. La immaginavo gialla e brulla. E invece è nera, verde e di un blu intenso, scurissimo. Anche il mare in fondo è parte di Pantelleria, come lo è di molte isole.

Pantelleria

I muretti a secco di Pantelleria (foto di Patrick Colgan, 2017)

La costa di Pantelleria a settembre

La costa di Pantelleria a settembre (foto di Patrick Colgan, 2017)

Nei racconti ascoltati in famiglia poi tornavano spesso le spiagge: in riva al mare il nonno si era salvato dalle bombe, ed era con i piedi nell’acqua anche quando era stato richiamato per tornare a casa in licenza.

Pantelleria però non ha spiagge, ma solo scogliere a strapiombo e antiche colate di lava frastagliate, a volte taglienti come lame, che si tuffano nel Mediterraneo e continuano sott’acqua, nei suoi fondali profondi e bellissimi.

[instagram url=https://www.instagram.com/p/BZlYUZBHhVz]

Cartina di Pantelleria

Pantelleria (cartina di 92bari, da Wikimedia – licenza )

Pantelleria a fine settembre

A Pantelleria il clima è mite tutto l’anno e l’estate è lunga. Ma dopo metà settembre la ‘stagione’ si può considerare conclusa anche se le temperature gravitano intorno ai 25 gradi ancora per un po’: quando c’è il sole si sta benissimo. Arrivare diventa però più lungo e difficile: i voli diretti che non partono dalla Sicilia praticamente spariscono. E così in giro per le sue strade ripide, strette, tortuose vediamo molte serrande abbassate e pochi turisti.  Fra gli isolani, invece, c’è ancora qualcuno che vendemmia e altri che raccolgono i capperi fra i muretti a secco che ricoprono i pendii. Sono stati costruiti con la pietra lavica strappata al terreno per poter piantare le viti basse, ad alberello, che ora proteggono dal vento che a volte, così dicono, è davvero feroce. Anche i cilindri di pietra, che a volte emergono dal panorama svolgono questa funzione: i giardini panteschi avvolgono e proteggono gli alberi da frutto. Anche i muri sono nerastri, così come gli edifici tipici dell’architettura locale, i dammusi. Il panorama di Pantelleria è stato modificato e reso abitabile dall’uomo attraverso antiche e continue fatiche.

Ma ora, ci racconta un produttore di vino, il problema principale non è più il vento: è diventato la siccità. Vivere e fare l’agricoltore a Pantelleria non è facile.

Dammuso a Pantelleria

Dammuso a Pantelleria (foto di Patrick Colgan, 2017)

Il mare di Pantelleria

I turisti si ritrovano nei punti che assomigliano di più a spiagge. Vanno scelti giorno per giorno quelli più protetti dal vento e dalle onde. E anche in base alla fatica che si vuole fare. La cartina dell’isola che abbiamo dà anche una valutazione sulla difficoltà di accesso al mare. A Cala Levante e a Cala Gadir, per citare due punti, ci sono pontili su cui stendere il telo e scalette per scendere in acqua, dove la zona per i bagnanti è recintata da una fila di galleggianti.

Cala Gadir, in particolare, è un posto affascinante, anche se pieno di costruzioni. Ci sono sorgenti di acqua caldissima che emerge dalle rocce e viene anche raccolta in alcune vasche. Chi fa immersioni può rivolgersi ai ragazzi di Dive-X e visitare il parco archeologico subacqueo: fra fondali frastagliati pieni di vita marina e di grande bellezza si scoprono anfore romane e puniche che raccontano la storia di questo antico porto.

Alla Balata dei Turchi, uno dei posti più spettacolari, un tempo approdo di pirati saraceni, arrivare in auto è invece difficile. Si scende a piedi fra punti in cui la terra e spaccata e mostra sotto alla superficie nera anche strati di rocce bianche, gialle e venature rossastre. E poi ci si stende dove c’è posto, sulla grande pietra che scende in acqua obliqua, inchinata come un tavolo al quale hanno tolto due gambe.

Fare il giro dell’isola in barca consente di nuotare in alcuni degli angoli più belli di Pantelleria. Ve lo proporranno al porto. Se possibile scegliete una delle barche più piccole (anche se Esperanza, sulla quale siamo stati noi, non è stata affatto male).

La Balata dei turchi, Pantelleria

La Balata dei turchi, Pantelleria (foto di Patrick Colgan, 2017)

A Punta Spadillo

Punta Spadillo è una grande lingua di lava che si protende nel blu in modo tormentato, irregolare, imprevedibile. Si tuffa nel mare e si inabissa fino a oltre 180 metri: è il punto più profondo che si può trovare intorno all’isola. Sull’estremità di questo lembo di roccia vulcanica spicca il vecchio faro. Poco distante c’è però anche il Museo vulcanologico, che racconta la storia geologica di Pantelleria e ha anche una stanza dedicata alla guerra. Ed è questa a interessarmi maggiormente.

Gli oggetti della Seconda guerra mondiale esposti sono pochissimi: gavette, schegge e l’elica di un aereo. Ci sono invece vari pannelli che tracciano l’ascesa di Pantelleria come baluardo difensivo dell’Italia, soprattutto nella propaganda del regime. L’isola, raccontano, divenne un simbolo. E fu l’obiettivo di un devastante attacco aereo degli Alleati fra maggio e l’11 giugno del 1943 che trovarono una resistenza molto inferiore al previsto, anche a causa degli armamenti obsoleti degli italiani. La contraerea non era in grado di colpire i bombardieri. Morirono 44 persone (39 militari, 5 civili) e ne furono ferite oltre cento prima che fosse annunciata la resa per evitare altre vittime.

Guardo le foto, belle ma molto piccole. Anche se ci fosse un volto famigliare non lo potrei riconoscere.

Punta Spadillo vista dal mare

Punta Spadillo vista dal mare (foto di Patrick Colgan, 2017)

Fuori, accanto al faro e a vecchi, minacciosi cartelli che dichiarano la zona militare, ci sono edifici diroccati e quello che resta di fortificazioni in rovina e che stanno tornando lentamente parte dell’isola, pietra nera indistinguibile dal resto. Da una finestra si vede il mare, stupendo, ma anche testimone e sfondo muto e impassibile di tragedie. Nel 1943 come oggi, poco distante da qui.

Il Museo vulcanologico di Punta Spadillo

Il museo merita una visita anche perché Punta Spadillo è molto bella e vi si trova anche il laghetto delle ondine, un suggestivo bacino di acqua salata fra gli scogli (il sentiero è ben indicato e percorribile in una ventina di minuti: servono scarpe perché è accidentato).

Il museo è aperto, stando alle informazioni ufficiali, dal 1 giugno al 30 settembre tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19. Dalle 10 alle 12 vengono proiettati filmati e documentari.

Laghetto delle ondine, Pantelleria

Laghetto delle ondine, Pantelleria (Foto di Patrick Colgan, 2017)

Come arrivare a Pantelleria

Pantelleria è servita da Volotea e da charter con voli diretti nei mesi estivi da diverse città italiane che cambiano ogni anno. A quanto ci è stato riferito i voli sono principalmente da Napoli e Roma, ma ce ne sono anche da Parma e Venezia e da altri aeroporti. La maggior parte dei voli diretti terminano ad agosto e dopo raggiungere l’isola diventa più complicato. Restano tutto l’anno gli aerei della Mistral da Trapani e Palermo (prezzo fisso 58 euro per poco più di mezz’ora di volo), scali serviti anche da compagnie low cost, o gli aliscafi (poi si fermano anche questi) e i traghetti da Trapani. Sempre che le condizioni del mare permettano di attraccare.

Arrivare a Pantelleria in nave.

C’è un traghetto che parte di notte, intorno alle 23, e arriva a Pantelleria alle 6.30 (69 euro, costa di più con le cabine). Il ritorno è diurno, alle 12 con arrivo alle 17.45. Da gennaio a maggio gli orari cambiano leggermente. In alternativa, ma solo in alta stagione, si può prendere l’aliscafo di giorno:  impiega circa due ore e costa leggermente di più. Non elenco gli orari perché sono stagionali ed è meglio controllarli direttamente.

Altri link e informazioni utili

Potrebbero interessarti

2 Commenti

Giulia Novembre 10, 2017 - 9:38 am

Pantelleria mi attira tantissimo, mi frena solo il fatto che con i voli da Venezia si sia “obbligati” a starci una settimana e non so se sia troppo. Una settimana sull’isola si passa o quattro giorni sarebbero sufficienti?

Reply
Patrick Novembre 10, 2017 - 10:36 am

Ciao! Dipende: quattro/cinque giorni possono essere giusti per l’isola, ma se ami il mare (e magari fai immersioni) in una settimana intera d’estate secondo me non ti annoi di certo anche perché la costa è molto varia e non c’è il rischio di entrare nella routine della ‘vita da spiaggia’. La persona che ho citato all’inizio invece avrebbe detto che serviva molto più tempo perché in effetti l’isola è molto particolare e soprattutto alcune persone hanno bisogno di un po’ di tempo per entrarci in sintonia.

Reply

Lascia un commento

Consenso gdpr (alcuni dati verranno salvati al solo fine di tener traccia dei commenti stessi)

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

wp_footer()