Un post personale, seguendo l’hashtag #UnViaggioVintage. Gli anni dell’Interrail e la scoperta del viaggio in solitaria. Perché è bellissimo in due, specie quando è con una persona importante. Ma viaggiare soli è un’esperienza a sé, completamente diversa.
Difficile diventare adulti se non si fa un viaggio da soli. È un modo per superare la paura dell’altro e anche di se stessi, in cui ci si trova a fronteggiare la nostalgia, si arriva alla riscoperta delle radici.
Finché non fai un viaggio da solo non impari a rapportarti con gli altri: chi si presenta da solo è più inerme, ma viene anche accolto meglio dalle persone che si incontrano.
In questi giorni fra i blog gira l’hashtag #UnViaggioVintage. Ci sono foto su pellicola arrossate dal tempo, a volte ingenue o sbagliate, almeno viste con gli occhi di oggi, troppo abituati alla nitidezza iperrealistica donata da Lightroom e Photoshop. Sono foto spesso leggermente sbiadite dalla scansione, un po’ come la memoria prende contorni sfumati. Io le guardo e provo nostalgia perché mi fanno pensare ad alcuni dei momenti più belli ed emozionanti della mia vita. Ripenso a quando provai per la prima volta l’emozione del viaggio da solo. E’ strano, perché tutto partì da un viaggio di gruppo, un grande gruppo.
Il viaggio con il biglietto Interrail
Se ripenso ai viaggi più belli e intensi della mia vita, a momenti di assoluta spensieratezza ripenso a un biglietto che valeva dappertutto, a una ferrovia, a un gruppo di amici. L’interrail significava libertà assoluta, non sapere dove si sarebbe dormito il giorno dopo, significava che la ferrovia ci avrebbe potuto portare ovunque. L’anno prima eravamo partiti in cinque con il pass che permetteva di prendere qualsiasi treno in tutta Europa e alcuni traghetti (nota: il pass esiste ancora, seguite i link in fondo). E fra discussioni, divisioni e momenti esaltanti eravamo arrivati fino alle Lofoten, in Norvegia. Avevamo toccato otto capitali europee in otto giorni e ci eravamo fermati sui confini dell’Europa: il Circolo polare artico a nord e l’Atlantico sulle coste occidentali dell’Irlanda. Tutto molto veloce, forse troppo. Ma un viaggio via terra così ti dà idea delle distanze, di cosa è l’Europa, della frequenza incredibile con cui cambiano Paesi, culture, lingue. Un viaggio indimenticabile. Ma ci eravamo persi per strada. Eravamo tornati a gruppi, ormai stanchi di stare assieme. Libertà significava anche questo.
L’anno dopo, era il 2002, ripartii con due di quegli amici. La destinazione era la Scozia, ma tutto andò presto a rotoli. La pioggia, le discussioni, la febbre che aveva preso uno dei compagni gettarono subito una cappa di malinconia sul viaggio, fin dall’arrivo a Inverness. Forse fu anche colpa mia: mi avevano fatto decidere troppe cose e io mi ero allargato. Forse era tutto troppo ‘tagliato’ su di me. Arrivammo però alle Orcadi, poi all’isola di Skye. Ci mettemmo pochi giorni: non avevo ancora imparato a rallentare. E fu lì, fra i panorami più belli e grandiosi, che gli altri due compagni di viaggio, sempre più malinconici, cominciarono a parlare di ritorno, dopo appena 10-12 giorni. Nemmeno a metà del viaggio.

Non cercai di trattenerli. C’è una sensazione, a volte, che ci dice che siamo nel posto sbagliato, che dovremmo essere da tutt’altra parte. “What am I doing here?” si chiede Paul Theroux alla fine del suo libro ‘The last train to Zona Verde’. Se dura più di una sera, al massimo un paio di giorni, significa che è ora di tornare. E’ una sensazione netta, definita, che tanti hanno provato in viaggio e ha poco a che fare con la distanza o i chilometri già percorsi e solo in parte con la fatica: è invece qualcosa più legato al proprio stato d’animo, alle proprie emozioni. E a quello che si è lasciato a casa. Io questa sensazione non la provavo e per quello decisi di restare. Ci separammo a Edimburgo. Io andai verso Holyhead, in Galles, da dove mi imbarcai per l’Irlanda.

La scoperta del viaggio in solitaria
Per me essere improvvisamente solo fu una rivelazione. La cappa di malinconia che gravava su quel viaggio e che cominciava a contagiarmi era sparita nello stesso momento in cui avevo messo piede sul traghetto. Non dovevo più rendere conto a nessuno, i tempi erano soltanto i miei e potevo adattarmi al mio passo. Mi sentivo completamente immerso nel nuovo mondo che era intorno a me, senza filtri, senza nessuno a cui potermi rivolgere in italiano. L’uomo è sociale e tende a cercare di comunicare e condividere. E per questo ero totalmente aperto all’incontro con le altre persone.
Parlavo in treno con sconosciuti, condividevo una birra con altri viaggiatori con la leggerezza di poterli salutare poco dopo e ripartire, ognuno per la sua strada. Era anche spaventoso, a volte, più spesso esaltante. I miei pensieri potevano prendere le strade che preferivano, senza interruzioni. Il viaggio da soli è come un flusso di coscienza.
Paul Theroux è sempre molto netto, quasi tranchant (ed è quello che molti lettori non amano dei suoi lavori), ma capisco cosa intende quando scrive
“Il viaggio è, al suo meglio, un’impresa solitaria: per vedere, esaminare, giudicare devi essere da solo e senza pesi. Le altre persone ti possono fuorviare, affollano le tue impressioni nel girovagare con le loro (…). E’ difficile vedere chiaramente o correttamente in compagnia di altre persone. Hai bisogno della lucidità della solitudine per cogliere quella visione che, per quanto banale, nel tuo stato mentale, ti sembra speciale e degna d’interesse” (Paul Theroux – traduzione mia – da ‘the Tao of travel‘ e The old patagonian Express)
Mi ero accorto che era tutto diverso, ora. Fu per quello che decisi di tornare negli stessi luoghi dove eravamo stati l’anno prima in gruppo: volevo vederli con nuovi occhi. Mi imbarcai per le isole Aran. E finalmente potevo perdere tempo, sedermi quanto volevo in riva al mare. Le isole brillavano di una luce differente, ma non erano cambiate: ero io a essere diverso.
Guardavo l’orizzonte e le sfumature di blu che si confondevano fra mare e cielo e pensavo che non avrei più smesso di viaggiare da solo. Scattai una foto dell’orizzonte. Non so perché, ma c’è spesso una foto che mi ricorda i momenti importanti. Una foto di quell’istante preciso. Forse ricordo quei momenti perché ho fatto la foto. O forse l’ho scattata proprio perché quel momento era speciale. Non lo so. Quella foto però per me è ancora importante, è il momento in cui capii che mi piaceva viaggiare. Ed è un caso, o forse no, ma ora è la testata del mio blog.
Link collegati
- L’Interrail si fa ancora e regala ancora emozioni. E’ un modo ancora bellissimo per viaggiare. Qui l‘Ovunquista Paolo Maiolin racconta in un’intervista il suo ultimo viaggio in treno in giro per l’Europa.
- Il mio invito all’Interrail, di qualche anno fa, e un altro post vecchio e un po’ scombinato sull’orario dei treni Thomas Cook che mi ha accompagnato nei viaggi.
- Teoria e pratica dell’Interrail secondo No Borders Magazine
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Ricordo con gioia il mio viaggio di maturità con i miei amici destinazione Corfù. L’esperienza più significativa e sincera di quel viaggio è stato la lunga strada per approdare sull’isoletta greca: treni, treni, treni e traghetto. Ricordo da brividi! L’interrail mi manca ma era in programma. Sono capitato per caso sulla Sua pagina. Le faccio i miei più sentiti complimenti ( sicuramente ne avrà ricevuti tanti in questi anni). Trovo che tra gli articoli del blog vi sia tanta vitalità e sicuramente molte cose da cui apprendere. Seguirò con vivo interesse i suoi aggiornamenti. Viva i viaggi e le esperienze “estreme”.
Uno tra i viaggi vintage migliori tra quelli che ho letto, sopratutto per il modo in cui l’hai raccontato :) bellissimo
sapevo che avresti dato un valore aggiunto con il tuo post per #unviaggiovintage. E così è stato!
Bello immergersi nei tuoi ricordi, nelle sensazioni della tua prima esperienza in solitaria, della prima esperienza in cui hai realizzato l’immensità delle distanze europee.
Grazie per averci fatto salire a bordo del tuo treno! :)
Grazie!! E’ stato bello scrivere questo post, sfogliare i vecchi album, riannodare il filo dei ricordi (inizialmente avevo addirittura unito due viaggi diversi, nel ricordo).
Ciao Patrick, belli i tuoi ricordi, mi piace l’accento che hai messo sul fatto di viaggiare soli, io da giovane non l’ho mai fatto ma adesso alla mia tenera età lo sto facendo sempre più spesso (anche se a metà perché vado a casa di mio figlio a Chicago ma poi gironzolo sempre da sola, a destra e sinistra) e devo dire che se all’inizio avevo un certo timore adesso mi esalta, non mi ferma neppure la barriera della lingua, non parlo benissimo l’inglese e spesso non capisco bene l’americano con quell’accento particolare.
Non ho mai visto i posti che hai descritto ma mi attirano molto, chissà …
Norma
E’ proprio così, viaggiare da soli all’inizio intimorisce, poi esalta.
Scozia e Irlanda sono bellissime, non ti deluderanno (ma come si vede ho avuto un po’ di fortuna col tempo!)
ciao Patrick,
l’iniziativa #unviaggiovintage in effetti non è niente di originale, soprattutto per noi tb che riutilizziamo sempre i nostri vecchi viaggi in salse diverse, l’unica idea buona è quello di lanciare un’iniziativa aperta a tutti dove ognuno è libero di aprire il suo armadio di ricordi, stabilire un fil rouge e condividerlo in rete. Ed è sorprendente come ognuno stia interpretando il tema in modo diverso e originale.
Il tuo racconto sulla differenza tra viaggi di gruppo e viaggi da soli mi piace e mi fa venire un sacco di idee. Anche perchè il viaggiare da sola mi incuriosisce da molto tempo, mi affascina, e non ho mai avuto l’occasione di farlo negli utimi ehm…20 anni (tralascio i motivi). Il mix di libertà, solitudine, tempo per sè stessi deve essere unico e da provare. Ma arriverà.
Bellissime anche le foto, soprattutto quella dei tre Patrick!
Grazie 1000 di aver partecipato :-)
Monica
Grazie! E sì, quella foto è davvero storica, unica. E non sarebbe possibile se io non avessi fatto quell’improvvisata in Irlanda :)
L’interrail é un tipo di viaggio che mi manca, ma posso dirti che leggendo le tue prime righe mi hai fatto venire una voglia tremenda di provarlo?
Io ho fatto solo un piccolissimo viaggio da sola, un paio di giorni a Londra,ma sto progettando qualcosa che duri di più perché ho veramente voglia di provare di nuovo questa esperienza!
Ero felicissima, camminavo proprio con il sorriso! Non che non lo faccia quando viaggio di solito (in genere con il mio ragazzo) però era quella sensazione di sentirsi forti perché da soli in un posto che non é nostro quotidianamente… non so se mi sono spiegata bene!
Bellissime le parole di Paul Theroux!
Anche il mio viaggio vintage parla di un interrail ;-) bellissima esperienza anche se io l’ho fatta in due ed è andato tutto bene! Viaggio spesso sola per lavoro, e fino adesso non sono mai riuscita ad apprezzarlo davvero. Non mi piace viaggiare in gruppo, ma solo con mio marito, abbiamo gli stessi tempi e questa è una cosa fondamentale in viaggio :-)
Il viaggio per lavoro però anche se all’estero è molto diverso da un viaggio normale. Non provi inevitabilmente quella paura quella sensazione di essere senza rete e immerso in un’altra cultura. Però sì i ritmi sono fondamentali!
Ciao Patrick, bellissimo post :-). Non ho mai avuto la fortuna o il coraggio di affrontare un viaggio da sola, troppo presa dal desiderio di laurearmi e, come si diceva in casa mia, farmi una posizione. Il tempo mi ha fatto capire che la strada era sbagliata e, infatti, la vita da mamma mi sta dando per ora maggiori soddisfazioni. Spero che mia figlia vorrà fare un giorno questa esperienza perché, come dici tu, trovarsi da soli spesso porta ad inaspettate rivelazioni :-)
E’ bellissimo detto da un genitore, perché ho esperienza di tanti genitori iperprotettivi che invece vedono solo pericoli in un viaggio da soli, quando invece – fatto con la giusta prudenza – è solo una grande, indimenticabile, esperienza di crescita. Una lezione.
p.s. Non è mai troppo tardi per provare :)
condivido anch’io…il primo viaggio da soli è come l’amore..non si scorda mai..saturo di emozioni come solo esso può essere
Verissimo, per me anche il secondo, più consapevole, più lontano, lo è stato.
bravissimooooo. condivido parola x parola. diciamo ai ns amici reali – virtuali che il primo viaggio da soli non si scorda mai e forse poi ne seguiranno altri. io ho fatto questa splendida scoperta allo stesso modo. california 1 nel 1998. poi grazie a qs esperimento ben riuscito ci son state california 2 nel 1999. lisbona nel 1999. NY nel 2001. mi sa che appena sistemo un paio di cose riparto. da sola. e magari x destinazione ignota a tutti altro che social network. leggi i miei post su puglia e scozia, magari ti ci identificherai. ciaooo!
Vado a leggere! Comunque è vero, non bisogna aver paura di partire soli perché è un’esperienza davvero speciale.