Tokyo in tre giorni: il terzo, da Tsukiji ad Akihabara

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Una giornata molto piena che comincia prima dell’alba nella capitale giapponese, in cui si va anche a Yurakucho, Odaiba e Ginza. Visto che si parte presto si può fare tutto, ma forse è meglio fare qualche scelta.

E il pesce crudo qui può diventare una cosa seria, serissima. Il tonno migliore viene conteso dai ristoranti ogni mattina all’asta del tonno del mercato Tsukiji, una specie di gigantesco frullatore in cui dall’alba, per alcune ore, carambolano impazziti pesci, carrelli, muletti, banconote. Qui non si scherza e periodicamente, per colpa di qualcuno che tocca un tonno o intralcia il lavoro nonostante gli innumerevoli avvisi, l’accesso viene chiuso ai turisti per settimane. Il pesce scrutato, classificato, conteso, aggiudicato arriva poi ai ristoranti di Ginza lungo una staffetta di sguardi concentrati e impassibili
(per una volta mi autocito, da Orizzonte Giappone)

Tre giorni a Tokyo sono pochi, il minimo indispensabile. Ma si può vedere e fare tanto. L’ultimo giorno di questa piccola guida alla capitale giapponese porta in una Tokyo ancora diversa. È una giornata di contrasti profondissimi, uniti da una caratteristica: non sono cartoline turistiche, ma luoghi che, per quanto iconici, sono profondamente vissuti. Sono tutti sullo stesso lato della città, grossomodo, e quindi, dopo la prima tappa che inizia prestissimo, potete organizzare le visite come meglio credete e a seconda di cosa vi interessa maggiormente. Il trasferimento da un quartiere all’altro non supera mai i 20 minuti.

Questo post, scritto originariamente nel 2013, è stato costantemente aggiornato: l’ultima nell’autunno 2022 dopo lo spostamento del mercato Tsukiji alla nuova sede di Toyosu e diverse chiusure di posti che erano menzionati: Tokyo è in costante mutamento

La mattina fra Tsukiji e Toyosu

Un tempo si arrivava al vecchio mercato del pesce prima dell’alba per vedere non solo l’asta dei tonni, ma anche per entrare nell’area del mercato all’ingrosso e osservare l’attività frenetica che si svolgeva alle prime luci del giorno. Da anni ormai non era più così e il mercato interno era diventato quasi inaccessibile ai turisti.

Tutto questo è cambiato con lo spostamento, avvenuto a ottobre 2018, nella nuova sede del mercato, a Toyosu, poco meno di tre chilometri dalla vecchia sede. La nuovissima struttura è forse più funzionale e sicura (ma alcuni venditori non sarebbero d’accordo) ma sicuramente manca del fascino di quella vecchia. Ora, se non altro potrete vedere fra le 5 e le 5.30 l’asta del tonno senza dover fare lunghe file, ma da un corridoio con vetrata sopraelevato. A gennaio 2019 dovrebbe aprire una nuova piattaforma con un’apertura nella parte superiore della vetrata per far entrare suoni e rumori dell’asta.

Nella nuova sede di Toyosu si sono spostati anche molti degli storici, famoso ristoranti del mercato interno come Iwasa, Sushi Dai, Daiwa Sushi, Ichiba Sushi (e con essi le lunghissime file per le quali Dai e Daiwa erano famosi). Purtroppo l’atmosfera, va da sé, non è la stessa all’interno di quello che sembra un po’ un aeroporto più che un mercato.

Altri ristoranti sono rimasti nel vecchio mercato esterno di tsukiji, come Zanmai e Kagura Zushi e dove ancora ci sono street food, negozi di vendita al dettaglio e gli artigiani dei favolosi coltelli giapponesi.

Il mercato Tsukiji di Tokyo
Il mercato Tsukiji di Tokyo, foto da Flickr di Wouter Beugelsdijk
Licenza creative commons – attribuzione non commerciale

Ha ancora senso andare allo Tsukiji?

Sicuramente sì, per quanto abbastanza turistico il mercato del pesce è ancora un ottimo posto dove mangiare il sushi o assaggiare cibo di strada. O per acquistare coltelli.

Fare colazione con il sushi

Se siete andati al mercato di Toyosu per l’asta dei tonni o per vedere l’attività mattutina del mercato all’ingrosso potete provare un vecchio classico dello Tsukiji. Mettete da parte le riserve sul pesce a colazione: ci sono diversi ristoranti di sushi straordinari al mercato e fare colazione con sushi e sashimi è un’esperienza indimenticabile. I prezzi non sono stracciati ma nemmeno alti — sui 4.000 yen per il classico omakase da Sushi Dai e Daiwa Sushi— e spesso si fa ben oltre un’ora di fila (a volte anche quattro o più) ma la qualità è davvero alta. Però va precisata una cosa: il fatto di essere dentro al mercato è una garanzia sulla qualità del pesce, ma è ingenuo pensare che sia necessariamente il migliore della città. Le prime scelte sono, infatti, quasi sempre appannaggio dei più famosi ristoranti di Ginza, fra l’altro non lontana.

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Sushi dai, foto da Flickr di Wally Gobetz
Con licenza creative commons – attribuzione, non commerciale
Tonno da Sushi Zanmai
Lo spettacolare menù ‘solo tonno’ di Sushi Zanmai (foto di Patrick Colgan, 2016)

Attenzione: il mercato è chiuso per un periodo a gennaio, la domenica e spesso il mercoledì. Il calendario delle aperture aggiornato è sul sito del mercato.

Trasporti: Per andare da Tsukiji a Toyosu si può prendere la linea Yurakucho della metro da Shintomicho, a pochi minuti di distanza.

Un giro a Odaiba

Da Toyosu si può prendere la ferrovia sopraelevata Yurikamome per andare a Odaiba. Una visione dal futuro, scintillante, splendida, ma che dietro la facciata a me si mostra anche kitsch e un po’ inquietante. Ecco cos’è Odaiba, isola artificiale popolata da sedi di grandi aziende, centri commerciali, divertimenti e architetture spinte all’eccesso: è un luogo di sperimentazione, diverso da tutto il resto di Tokyo. È piacevole camminare nei suoi spazi ampi, provare la sensazione che Tokyo si sia improvvisamente svuotata, rarefatta, che sia diventata geometrica e comprensibile, decifrabile. Ma questo stacco netto, l’assenza di storia e  la tendenza a popolarsi di esperienze sintetiche non fanno per me, mi fanno sentire fuori posto, mi annoiano presto.

Odaiba e il Rainbow bridge
Odaiba e il Rainbow bridge (attraversabile anche a piedi) visti dalla Tokyo tower (foto di Patrick Colgan, 2011)
Il Fuji tv building di Odaiba
Il Fuji tv building di Odaiba (foto di Patrick Colgan, 2013)
La ruota panoramica a Odaiba
La ruota panoramica a Odaiba (foto di Patrick Colgan, 2013)

Mi basta ammirarla dai binari della Yurikamome, come se fosse un film. Perché Odaiba è già un film. Se la vecchia Shinjuku fornì l’ispirazione per le scenografie di Blade Runner all’inizio degli anni Ottanta, forse oggi per immaginare una città del futuro, fantascientifica prenderei spunto proprio da qui, dall’architettura del Fuji tv building o del Telecom center. Forse sono io che Odaiba non l’ho proprio capita: è un luogo, immagino, dove più che altrove a Tokyo alcuni sogni, magari un po’ sciocchi (quelli confessabili, per gli altri c’è il delirio a luci rosse di Kabukicho), prendono consistenza fisica.

E così si poteva entrare nel centro commerciale Venus fort ritrovandosi nel centro storico di una città italiana immaginar(ora è chiuso) salire al quinto piano di Aquacity e assaggiare varietà di ramen che attraversano tutto il Giappone o in un altro ritrovarsi immersi nella gastronomia di Hong Kong. Oppure, ancora, dopo aver salutato il Gundam a grandezza naturale davanti al centro commerciale DiverCity, si può ammirare la vicina copia della statua della libertà (da quelle parti c’è anche un bellissimo panorama notturno di Tokyo). A Odaiba ci dovete passare, insomma. Quanto rimarrete dipenderà da quanto vi troverete in sintonia con questa parte di Tokyo e, anche, dai vostri sogni.

Link: Odaiba guide (da Japan Guide, in inglese)

All’interno del centro commerciale Venus fort, ora chiuso (foto di Patrick Colgan, 2013)

Dove mangiare a Odaiba

  • I centri commerciali (come sempre in Giappone) abbondano di ristoranti di ogni tipo, in genere hanno un piano (l’ultimo) dedicato
  • Al centro commerciale Aquacity c’è il ramen kokugikan con sei ristoranti che propongo diversi stili regionali

Un giro a Ginza, fra cucina, shopping e arte

Ginza non è distante da Odaiba: è più vicina al lato di Shimbashi, ma anche da Toyosu (l’altro capo della Yurikamome) basta un quarto d’ora per arrivare nel cuore di un quartiere che a lungo ho sottovalutato. E poi ho riscoperto. Nacque a fine Ottocento dopo un terribile incendio e fu pensato come il ‘quartiere modello’ di una Tokyo in piena modernizzazione. Era pieno di edifici europei in mattoni (in gran parte scomparsi), nettamente diversi dal resto della città, diventando un quartiere alla moda. Oggi ha mantenuto, forse, parte dello spirito di quel tempo: è il quartiere della moda internazionale, non quella folle e intensamente giapponese di Harajuku, ma quella delle boutique, dei centri commerciali che diventa incredibilmente piacevole la domenica quando parte del quartiere viene chiuso al traffico. È un quartiere dove guardare in alto per scoprire alcune architetture impressionanti e audaci, come il V88 (un tempo De Beers building), con un’incredibile profilo ondulato.

De Beers building, Ginza
De Beers building, oggi noto come V88 foto da Flickr di Guwashi999
licenza creative commons – attribution non commercial

Ginza però non è solo questo, è un paradiso gastronomico con tantissimi ristoranti, e una forte concentrazione di quelli di alto e altissimo livello (molti però chiusi proprio la domenica). Se per qualche motivo avete mancato la colazione col sushi al mercato Tsukiji potete recuperare con alcuni dei migliori, e più costosi, ristoranti della città.

Il sushi di Ginza Kyubey
Il sushi di Ginza Kyubey (foto di Patrick Colgan, 2013)

Ginza è anche la zona con la più alta concentrazione di gallerie d’arte della città, concentrate nella zona 5-chome, su Chuo dori. Molte sono nascoste in vie secondarie, o ai piani superiori dei palazzi, difficili da scoprire. Alcune trattano artisti costosi e inarrivabili, altre sono piccolissime (una stanza o poco più), molte propongono opere di giovani artisti, figurative (ritratti, spesso) strane, eccessive. L’arte costa in genere più che in Europa, ma quadri molto piccoli, adatti anche a essere infilati nelle valigie, possono essere acquistati a cifre anche tutto sommato accessibili (opere di giovani si trovano anche a 25mila yen, poco meno di 200 euro, i prezzi sono spesso esposti). Per trovarle qui c’è un’utile mappa delle gallerie di Ginza (non esaustiva e da prendere con le molle: ne aprono e chiudono con una certa frequenza). Mostre d’arte vengono spesso ospitate spesso anche da centri commerciali o negozi: un posto che ha ampi spazi per l’arte è l’edificio Hermés.

Un'installazione di Michel Blazy alla maison Hermés di Ginza
Un’installazione di Michel Blazy alla maison Hermés di Ginza (foto di Patrick Colgan, 2016)

La prossima volta che torno a Tokyo, da amante dei libri andrò a visitare sicuramente anche la libreria più minimale del mondo: Morioka Shoten (Issastu Isshitsu) che in una sala spoglia propone un solo libro a settimana.

A Ginza, infine, c’è anche il Kabukiza, teatro che ospita spettacoli di teatro Kabuki. Un ottimo modo per avere un assaggio di questa raffinata, splendida forma d’arte (che però ha tempi molto lunghi) è accedere per un singolo atto di circa 20 minuti al costo di appena 1.000 yen o poco più. A questo link il calendario degli spettacoli e gli orari (accessibile dal menù news a sinistra). Il sito (in inglese) è anche ricco di informazioni su questa raffinata, bellissima forma d’arte.

Dove mangiare a Ginza (ma costa!)

  • Sushi. Un ristorante di sushi famoso e relativamente accessibile è Kyubey (ne ho scritto qui).  Si può pranzare con solo, per modo di dire, 13mila yen, la sera il doppio. A pranzo è possibile prenotare telefonicamente solo per le 11 di mattina, altrimenti verrete messi in fila in ordine di arrivo e vi verrà indicato un orario.
  • Sushi. Qui c’è anche la sede originale del famoso Sukiyabashi Jiro, forse il ristorante di sushi più famoso, con tre stelle Michelin. Non ci sono mai stato, ma in base a quanto so il pranzo è molto veloce e può costare almeno 30mila yen (e le carte di credito non sono accettate). Come se non bastasse prenotare è molto difficile, specie se non si è accompagnati da un giapponese. Link da Time Out Tokyo.
  • Ramen. A Ginza ci sono comunque anche catene economiche come Ippudo Ramen. E poi, se potete fare un’ora di fila, lo splendido ramen di Kagari.
Kagari ramen, Ginza
Kagari ramen, Ginza (foto di Patrick Colgan, 2016)

Un giro fra le follie di Akihabara

Ammetto che il mondo otaku e della cultura pop giapponese non è fra i miei interessi principali, e non sono fra quegli amanti del Giappone che torna con le valigie piene di pupazzetti e manga. Ma se lo fossi credo passerei qui intere giornate in quello che è praticamente un paese dei balocchi e che offre la possibilità di perdersi in un vortice di acquisti (per esempio nel grande negozio multipiano Mandarake, meglio però quello di Nakano, o da Super Potato per i videogame ‘retro’). Non essendo un esperto perdonatemi se faccio qualche errore raccontando questa zona di Tokyo.

Akihabara o ‘Akiba’  per me potrebbe essere anche evitabile all’interno di un viaggio in Giappone, mi interessa altro e il tempo che ho passato qui mi è sembrato un po’ perso: il vecchio quartiere dell’elettronica a basso costo che fiorì nel dopoguerra (e ora resta raccolto intorno alla grande stazione) è diventato un mondo costruito e commerciale. Ma è innegabile che affascini e sconvolga un po’ i visitatori occidentali con alcuni dei suoi aspetti più bizzarri, come i maid e i cosplay cafè, ritenuti peraltro ‘strani’, per usare un eufemismo, anche dalla maggior parte dei giapponesi. Se non siete interessati allo shopping e avete qualche migliaio di yen da spendere, andare a bere qualcosa in uno di questi locali: l’esperienza per alcuni è divertente, per altri deprimente, ma ci si fa rapidamente un’idea di cosa sia il quartiere.

I maid cafè di Akihabara

Se vi sentite pronti a staccare la testa per un’oretta, entrate in un maid Cafè che vi ispira simpatia o fatevi accompagnare da una delle tante ragazze che distribuiscono i volantini dei locali per strada. Si tratta — ma ormai sono piuttosto famosi e, anzi, stanno quasi passando di moda — di locali in cui si viene serviti (e riveriti) da cameriere in costume che vi chiameranno, in giapponese, “signore” o “padrone”: si va dai posti in cui lo stile è quello di cameriera ottocentesca (come il famoso @home cafè) a quelli più ispirati a uno stile manga (come da PinaforeMaidreamin), fino a quelli dove si viene serviti da ninja (come lo Shinobazu). Ci sono poi posti in cui il costume cambia tutti i giorni o quasi (come il rilassato Little Beauty Satanic dining, nome assurdo, per il più simile a un locale normale). La scelta è davvero esageratamente ampia.

Le foto sono proibite, ma alcuni menù includono uno scatto con polaroid
Le foto sono proibite, ma alcuni menù includono uno scatto con polaroid
(ecco il vostro blogger nella foto, per la quale sospendo la licenza creative commons!)

Non si tratta di posti ambigui, in genere, tutt’al più un po’ infantili. La clientela è mista e non esclusivamente maschile: spesso ci sono gruppi di ragazzi decisamente otaku, o ragazzi soli, ma anche coppie o gruppi di amiche. L’esperienza cambia in tutti i locali ma in genere le cameriere, giovanissime, coinvolgono i clienti in canzoncine, piccoli giochi da bambini e servono a caro prezzo bevande e cibo decorato in maniera kawaii (carina). In genere i piatti sono di scarsissima qualità, ma la gastronomia non è certo al centro, qui. Alcuni prevedono a orari fissi piccoli show con balletti o canzoni e la possibilità di farsi uno scatto polaroid (a pagamento) con la propria cameriera preferita, mettendosi in posa o indossando buffi costumi. Abbandonate ogni dignità e lanciatevi!

Però dovete sapere cosa vi aspetta.

Nelle tre volte che mi sono seduto al tavolo di un maid cafè ho provato l’ebbrezza di sentirmi incredibilmente stupido e fuori posto. E forse l’esperienza per un occidentale deve essere proprio questa. Spesso c’è chi esce dai maid cafè annoiato o deluso (a volte irritato), aspettandosi chissà che cosa. Invece è tutto qua.

Poi molto dipende anche dalla simpatia della ragazza che vi serve. Ultimamente, con l’afflusso di turisti sempre maggiore, ci sono sempre più ragazze che parlano inglese, lasciando il tono squillante tipico del registro che usano in giapponese. Non è la stessa cosa, ma sinceramente non so cosa ci si possa fare (potreste provare a chiedere di parlare in giapponese ‘nihongo de, onegai shimasu’, ma potrebbe risultare non troppo cortese e far credere alla maid che non parla bene alla vostra lingua).

Fra cover charge e consumazione prevedete di spendere fra 2500 e 5000 yen per un’oretta.

La maggior parte dei maid cafè chiude alle 21 quando ad Akihabara resta pochino da fare: per esempio andare a provare il karaoke (da  provare, in Giappone) che qui è più economico che in altri quartieri.

L'insegna di un Maid Cafè
L’insegna di un Maid Cafè (foto di Patrick Colgan, 2011)

Il fenomeno Akb48

Ad Akihabara si esibisce anche il famoso gruppo interamente al femminile Akb48. I biglietti partono da duemila yen, ma acquistarli a questo prezzo può essere molto complicato e le modalità cambiano continuamente.

Ho visto insegne che pubblicizzavano vendite di biglietti a prezzi maggiorati, ma sinceramente non mi interessava. Qui il calendario degli spettacoli, ma acquistare i biglietti per un occidentale al momento in cui scrivo sembra un’impresa improba se non impossibile (se avete informazioni scrivetelo nei commenti per i lettori, vi prego). All’uscita della stazione c’è l’Akb48 cafè, un locale a tema (ufficiale) con memorabilia del gruppo e cameriere in divisa. c’è anche un negozio.

I contrasti di Yurakucho

La conclusione ideale di questa terza, intensa, giornata per me è a Yurakucho, non lontano dalla stazione centrale di Tokyo. Se arrivate prima del tramonto andate a vedere l’impressionante architettura in vetro e acciaio del Tokyo international forum. Poi però affrettatevi nella zona della vecchia stazione dove si fa uno dei tipici viaggi nel tempo di Tokyo. Sotto i binari c’è una piccola ‘bolla’ quasi immutata da decenni: piccoli yakitori e alcune izakaya che servono saporiti spiedini di carne e birre a una chiassosa clientela composta in gran parte da uomini appena usciti dal lavoro. Non so dire se è la Tokyo più vera, ma è una Tokyo che mi piace.

Scorcio del Tokyo international forum
Scorcio del Tokyo international forum
(foto di Patrick Colgan, 2011)
I locali sotto la ferrovia a Yurakucho, Tokyo
locali sotto la ferrovia a Yurakucho, foto da Flickr di throgers
licenza creative commons – attribution non commercial

Più giorni a Tokyo

Non è stato facile realizzare questa piccola guida in tre giorni. Tokyo è una città enorme, intensa, piena di quartieri incredibilmente diversi e anche molto piccoli. Post su Tokyo ne ho scritti tanti e scegliere è stato difficile. Fra le cose che meritavano di essere inserite e che possono trovare spazio in un quarto giorno ci sono un giro nel piccolo quartiere di Kagurazaka e a Yanaka dove si respira un’atmosfera diversa, datata. Oppure un’altra idea è fare un giro nei quartieri meno conosciuti lungo l’ultima linea di tram di Tokyo. Ancora e può essere un’idea se volete ‘rompere’ gli schemi di questa guida, potete imbarcarvi per navigare sul fiume Sumida da Asakusa a Odaiba e che può portare anche al bellissimo giardino Hama Rikyu (link da Japan guide). Infine c’è il museo Ghibli a Mitaka (link da Reporter in viaggio) dedicato all’opere del maestro dell’animazione Hayao Miyazaki.

Guida a Tokyo in tre giorni

  1. Giorno uno: Asakusa, Ueno, Shinjuku
  2. Giorno due: Shibuya, Harajuku, Roppongi, Azabu e Meguro
  3. questo post

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5 Commenti

Anna Ottobre 29, 2015 - 10:07 pm

Leggendo questo post mi è tornata in mente la deliziosa scioglievolezza del tonno di Tsukiji, con una punta di wasabi… che bello il giappone! :)

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