Kyoto, il Sentiero della filosofia e il tempio Honen-in

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L’importanza di perdersi, di rallentare: una passeggiata lungo il Sentiero della filosofia (o Sentiero del Filosofo), alla scoperta di alcuni dei luoghi più belli di Kyoto.

Perdersi, e ritrovare se stessi, sul Sentiero della filosofia. Che modo grandioso di trascorrere un giorno a Kyoto! (da Deep Kyoto Walks, trad. mia, racconto di Robert Yellin)

Dove sono finiti tutti? Solo pochi minuti prima mi trovavo fra una folla chiassosa al santuario Yasaka e ora sento solo il silenzio, lo stormire delle fronde e il sottile ronzio di una bici che si avvicina, per un momento riempie il mio campo uditivo e velocemente si allontana, passa oltre. Mi sembra quasi di poter sentire il leggero fruscio della matita del disegnatore seduto su di un ponticello. Silenzio. Eppure mi trovo fra i luoghi più belli di Kyoto.

In città il turismo è in aumento, è vero. C’è chi dice che l’atmosfera della città si stia perdendo. Io dico solo che bisogna cercarla un po’. E rallentare.

Sentiero della Filosofia

Sentiero della Filosofia (foto di Patrick Colgan, 2018)

Verso l'imbocco del Sentiero della Filosofia

Verso l’imbocco del Sentiero della Filosofia (foto di Patrick Colgan, 2018)

Il Sentiero della Filosofia

Il Sentiero della filosofia (哲学の道 Tetsugaku-no-michi, noto anche come ‘Sentiero del filosofo’) è relativamente recente, è stato costruito in epoca Meiji lungo il canale che ha alimentato la prima centrale idroelettrica del Giappone, dal 1895, ma costeggia una delle parti storicamente più importanti, e ancor oggi più belle, della città. Facile immaginare perché il filosofo Nishida Kitarō (1870-1945) amasse passeggiare da queste parti, tanto da regalare un nome così altisonante a questo sentiero.

Nishida Kitarō (foto di Pubblico dominio)

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Philosopher’s path, immagine di Toivo Voll
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Si tratta di una passeggiata di circa due chilometri che collega il Padiglione d’argento (Ginkaku-ji) alla zona del Tempio Eikan-dō e del Nanzen-ji, costeggiando i bellissimi monti orientali che danno il nome all’area di Higashiyama: quella attraversata dal sentiero è una zona di templi, santuari,  boschi e stradine che si dipartono dal sentiero principale. E questa è anche la zona dove una buona parte della cultura giapponese ha assunto la forma che conosciamo e si è sviluppata, dalla cerimonia del tè all’ikebana, alla pittura sumi-e. La cultura di Higashiyama è fiorita al Padiglione d’argento nel XV secolo (periodo per altri versi travagliato) con Ashikaga Yoshimasa.
Oggi ho imboccato il sentiero da sud. E cerco di ascoltare gli echi di questa storia. Oppure, semplicemente, lascio correre l’immaginazione. Non c’è nulla che la alimenta come camminare senza fretta.

Mi capita di ascoltare o leggere opinioni di viaggiatori, turisti che sono delusi da Kyoto, dalla sua freddezza, dalla quantità di gente, da quello che hanno visto. Ma il problema è proprio questo, penso mentre cammino sotto i ciliegi, verdissimi in una tersa giornata di maggio: se vieni per vedere, vedrai poco. E forse seguendo il filo di questi pensieri ho scoperto anche perché qui oggi non c’è nessuno.

Il Sentiero della filosofia in maggio

Il Sentiero della filosofia in maggio (foto di Patrick Colgan, 2018)

In realtà non c’è niente da queste parti. E se si fa a passo svelto l’itinerario si percorre in venti minuti. Lungo il Sentiero della filosofia c’è qualcosa da vedere davvero solo in primavera, quando le centinaia di sakura che si affacciano sul canale diventano un tunnel di ciliegi fioriti o in autunno quando si colora di rosso: e in quelle settimane il Sentiero diventa così affollato da non potersi muovere. Altrimenti, perché passare da questo percorso fuori stagione e camminare, semplicemente, lungo un canale?

Ciliegi fioriti sul Sentiero della filosofia.

Ciliegi fioriti sul Sentiero della filosofia. Un momento in cui la folla si dirada, in primavera si fa fatica a camminare. Ma è bellissimo (foto di Patrick Colgan, 2014)

E invece la bellezza di questa città si rivela proprio in questi posti, quando il tempo si dilata e potete coglierne l’atmosfera antica e un po’ romantica. In primavera e autunno sarete troppo distratti dallo spettacolo dei colori. Ma nelle altre stagioni cercate di cogliere le piccole cose. Osservate i panorami quando si aprono degli scorci, seguite le stradine laterali senza paura di perdervi, lasciate una moneta ai piccoli Jizō che incontrate lungo la strada, guardate la vita quotidiana che scorre tranquilla (lungo il sentiero ci sono anche delle case). E poi mettete il naso nelle botteghe e nei negozi e scoprite le colonie feline che punteggiano il percorso.

Ci sono i gatti, ma anche i topi. Seguite le indicazioni e andateli a salutare al santuario Ootoyo-jinja, immerso fra gli alberi.

La storia di questo luogo sacro è divertente e racconta che Okuninushi, al quale è dedicato il santuario, volesse sposare la figlia di Susanoo che scoccò una freccia in un campo di canne e gli disse: “Valla a riprendere”. Il problema è che quando si trovò in mezzo alle canne Susanoo appiccò il fuoco. Fu allora che udì una vocina: era un topo che mostrò a Okuninushi un buco dove ripararsi fino a quando l’incendio non fosse passato. E gli diede anche la freccia.

Ora ci sono due statue, del 1969, che celebrano il topo: quello a sinistra ha un recipiente di sake, simbolo di fertilità e abbondanza, quello a destra una pergamena, simbolo di sapienza.

Ootoyo Jinja

Ootoyo Jinja (foto di Patrick Colgan, 2018)

Ootoyo Jinja

Ootoyo Jinja (foto di Patrick Colgan, 2018)

Il tempio Honen-in

Non c’è niente da vedere lungo il sentiero.  Ma solo per chi va di fretta. Il tempio Hōnen-in, anche questo appena a monte del Sentiero della filosofia, è uno dei tesori meglio nascosti di tutta la città.

Il tempio, che risale al 1680, è dedicato a Hōnen, un importante monaco vissuto fra XII e XIII, fondatore della setta Jōdo-shū, che visse parte della sua vita a Kyoto dove i suoi insegnamenti lasciarono il segno (e gli attirarono molti attacchi). Pregava proprio in questo posto dove aveva costruito un eremo nei primi anni del 1200.

Attraversato il meraviglioso portale si passa fra due particolari rilievi di sabbia (Byakusadan) che, come acqua, purificano il corpo e l’anima, e si entra in uno dei giardini più belli della città a ridosso del monte, fra muschi e carpe.  Qui tutto sta nell’insieme, nell’atmosfera silenziosa e pacifica, nei dettagli: dedicate del tempo a questo spazio, osservatelo, ascoltatelo.

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Vicino a questo luogo meraviglioso, dove il tempo sembra rallentare, è sepolto in un piccolo cimitero lo scrittore Jun’ichirō Tanizaki,

Il giardino è sempre aperto, ma all’interno del padiglione principale del tempio si entra solo due volte all’anno: dal primo al 7 aprile (il 15 secondo alcune fonti, devo verificare) e dal primo al 7 novembre. L’autunno è la stagione nella quale il tempio diventa più scenografico ed è più visitato.

Il tempio Hōnen-in non è un luogo turistico dove vedere semplicemente delle cose. È un posto dove sentire lo spazio, percepire la magia di luce e ombra, dell’uomo intrecciato con la natura, l’ora connesso con l’eternità (da Deep Kyoto Walks, trad. mia, racconto di Robert Yellin)

Il giardino del tempio Honen-in (foto di Patrick Colgan, 2018)

Il giardino del tempio Honen-in (foto di Patrick Colgan, 2018)

Se siete partiti da sud, la vostra passeggiata non potrà che concludersi al Padiglione d’Argento e al suo giardino, dove tutto, in un certo senso, è cominciato. E dopo il quale nulla è più stato uguale.

Così scrive Fosco Maraini sul Padiglione d’Argento e della sua estetica rispetto a quella del Padiglione d’oro, costruito dal nonno Ashigaka Yoshimitsu:

(…) qui tutto è più umile, più piccolo, più sottile. Si avverte facilmente un secolo d’approfondimento filosofico, di ricerche in ogni campo dell’estetica, di escavazione interiore divenuta filigrana d’anima
(da Ore Giapponesi)

Il Padiglione d'argento

Il Padiglione d’argento (foto di Patrick Colgan, 2014)

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