Sì è tornato. Gonfio, palestrato, vecchio, triste e autoironico. L’ultimo capitolo della saga pugilistica l’ho visto l’altra sera in anteprima (al Nosadella): Rocky è stato un mito dei miei 10 anni e una mezza lacrima quasi mi scappava. Pubblico in delirio, applausi e cori quando parte il ‘Rocky theme’, fanno sparire la paura per la nuova opera di Stallone. L’atmosfera giusta.
Il film naturalmente è l’ennesima messa in scena dello stesso film e poco importa. Cambia il tono, cambiano i personaggi (alcuni) ma c’è tutto, la storia è la stessa una cosa quasi… proppiana. La sfida impossibile questa volta è con il giovane Mason Dixon, imbattuto campione dei massimi che sembra un giovane Apollo Creed.
Ma tutto il resto è come tutti ce lo aspettiamo – e va bene così in fondo, no? – stesso montaggio-sequenza dell’allenamento (che ricorda quello del quarto episodio, Rocky che prende a pugni quarti di bue e solleva catene e il giovane campione che si allena in palestre di lusso), stessi problemi di sempre, stessi insulti da parte del campione in carica, stesso match finale. Stallone (anche alla regia) è in forma fisica invidiabile per la sua età (ma i 60 anni si vedono, eccome) e salva tutto con un po’ di riflessioni amare e di autoironia. Perché Balboa fa citazioni letterarie, compone poesie al volo, minaccia ‘ti spiezzo in due’, ha problemi di cervicale e questa volta sale la ‘mitica’ scalinata di Philadelphia con un bastardino spelacchiato. E allora va bene anche l’ultimo Rocky.
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e’ vero senza amendola e’ un’altra cosa
…manca solo il mitico Ferruccio! cavoli…
vorrei vederlo anche io, sono curioso !!!