Nikko all’inizio dell’autunno

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Ritorno a Nikko in autunno fra mausolei e piccoli giardini

Il cielo è una grande macchia biancastra che getta su tutto una luce un po’ tetra e uniforme. Ma forse è solo il mio stato d’animo malinconico a dipingere tutto in chiaroscuro e a ingrandire le ombre dei grandi cedri giapponesi: una parte di me sta già pensando all’aereo che prenderò domani. E’ la fine del mio primo viaggio in Giappone in autunno e non ho quasi mai visto quel cielo azzurro e terso di cui avevo letto tante volte. E’ meta ottobre, e forse è troppo presto, così come è presto anche per il koyo, lo spettacolo dei boschi che si tingono di rosso. I momiji, gli aceri giapponesi si infiammeranno solo verso metà novembre.

Non è il momento giusto per niente, insomma, e la malinconia forse è anche questo: sentirsi fuori dal tempo, fuori posto. A Nikko, però, fra le montagne a nord di Tokyo, l’autunno arriva un po’ prima e ho deciso di andarci anche per questo. In realtà bisognerebbe andare a Oku-Nikko, nella zona del lago Chuzenji, per vedere i grandi boschi di aceri, ma non ne ho il tempo. Così sono tornato ai famosi templi e mausolei di Nikko, che avevo già visitato anni fa e che non mi avevano emozionato.

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In effetti avevo sempre immaginato di tornare, specialmente dopo aver letto Fosco Maraini che, forse in maniera un po’ eccessiva, descrivendo la grande porta Yomei mon mi aveva reso più comprensibile la sensazione ambivalente che mi aveva lasciato la prima visita.

E’ uno scherzo? E’ un incubo? Si tratta d’una gigantesca torta nuziale, d’un capolavoro di pasticceria per il matrimonio di qualche principe stravagante che ha un culto perverso del rococò e vuole spaventare e divertire i suoi ospiti? Poi ti avvicini, tocchi: niente affatto, è architettura vera, facevano sul serio! (…) A un certo punto il misero occhio si ribella, grida basta; ci si sente vinti, subissati, sopraffatti; bisogna fuggire. (Fosco Maraini, Ore giapponesi)

Viaggio a Nikko

“Fino a quando non hai visto Nikko, non dire abbastanza” (Nikko wo miru made, kekko to iuna) dice il proverbio e in effetti Nikko, che ospita accanto ad altri templi e santuari il mausoleo Toshogu dedicato allo shogun Tokugawa Ieyasu, stupisce il visitatore con i suoi eccessi, i suoi effetti speciali.

Sono monumenti del diciassettesimo secolo (Ieyasu, fondatore dello shogunato Tokugawa morì nel 1616) e segnano un distacco totale dalla misura e dalla semplicità dell’architettura giapponese classica. L’esagerazione, l’opulenza, i colori insoliti e accesi mi fanno pensare a cose viste in altri Paesi dell’Asia, alla Thailandia per esempio. Non c’è quasi niente di quel Giappone classico che amo, della sua semplice purezza. E non percepisco nemmeno spiritualità, anche se siamo in un bosco meraviglioso, quel tipo di luoghi sacri in comunione con la natura che in questo Paese di solito mi commuovono alle lacrime. E’ tutto troppo esplicito, troppo sfarzoso, troppo terreno. Maraini è molto severo e parla di “strepitose esibizioni di malgusto, di funerea volgarità”. A me semplicemente questi monumenti non parlano di qualcosa di superiore.

Eppure negli elaborati intagli di Hidari Jingoro che ornano gli edifici ci sono così tanta immaginazione e, mi sembra, ironia, che non mi stanco di rivederli. Ci sono le tre scimmie sagge che non vedono, non sentono, non dicono (il male), il famoso gatto addormentato (nemuri neko) ed elefanti trasfigurati in esseri fantastici: l’artista li ha probabilmente immaginati basandosi sulle parole di un racconto.

Nikko, le tre scimmie che non vedono, non sentono, non dicono il male
Nikko, sanzaru, le tre scimmie che non vedono, non sentono, non dicono il male (foto di Patrick Colgan, 2016)
Nikko: chi ha intagliato questi elefanti non ne ha mai visti di veri, sicuramente
Nikko: chi ha intagliato questi elefanti non ne ha mai visti di veri, sicuramente (foto di Patrick Colgan, 2016)
Il nemuri neko, il famoso gatto addormentato di Hidari Jingoro
Il nemuri neko, il famoso gatto addormentato di Hidari Jingoro (foto di Patrick Colgan, 2016)
Il santuario Taiyuinbyo, a Nikko
Il santuario Taiyuinbyo, a Nikko (foto di Patrick Colgan, 2016)

In questi giorni la famosa porta Yomei -mon tutta bianco e oro, quella che aveva tanto indignato Maraini, è invece tutta coperta da impalcature: la stanno restaurando. Non riuscirò, almeno questa volta, a chiarirmi se è bella o no.

Yomei-mon, Toshogu
Yomei-mon, Toshogu – da Wikimedia commons; licenza creative commons attribuzione 2.0 foto di Arian Zwegers

I goshuin

Prima di rientrare mi concedo una scodella di yuba soba, la specialità locale, con verdure di montagna. La yuba è un prodotto della lavorazione del tofu. In genere la preferisco croccante (così viene servita per esempio in insalata), ma anche nel brodo con i tagliolini è molto buona. Mi fermo a uno strano negozio, metà souvenir e metà sobaya poco distante dal Toshogu e intanto ammiro i goshuin che ho raccolto in questa visita a Nikko.

Gli shuin (go è un prefisso onorifico) sono gli elaborati sigilli dei templi e dei santuari, dipinti a mano con una splendida calligrafia: costano 300 yen e vengono apposti sul momento in uno speciale libro, il goshuincho. Ho iniziato da poco, e quindi ogni ritorno in un posto già visitato anni fa è l’occasione per raccogliere un nuovo goshuin.

I goshuin raccolti
I goshuin raccolti (foto di Patrick Colgan, 2016)


Il giardino Shoyoen

Sto ormai tornando verso il treno, passando accanto alle enormi impalcature che impacchettano il tempio Rinno-ji (in restauro fino al 2021) quando intravedo delle foglie rosse in mezzo al verde. L’ingresso allo Shoyo-en, un antico giardino zen del diciottesimo secolo, costa 300 yen. Non ci sono mai stato, ed è una splendida scoperta. Un paio di aceri hanno già cambiato colore in anticipo su tutti gli altri, ma tutto questo piccolo giardino è un gioiello prezioso di equilibrio e pace. Resto a lungo, forse troppo. Mi sono seduto su una panchina per rimettere in ordine i ricordi e le immagini di quest’ ultimo viaggio e il tempo sembra comprimersi.

Alla fine mi alzo, saluto il Giappone per la nona volta. E queste poche foglie rosse d’acero che popolano le ultime immagini sembrano dirmi che da queste parti, un giorno, dovrò tornare.

Nikko in autunno: giardino Shoyoen
Nikko in autunno: giardino Shoyoen (foto di Patrick Colgan, 2016)
Nikko in autunno: giardino Shoyoen
Nikko in autunno: giardino Shoyoen (foto di Patrick Colgan, 2016)

Informazioni pratiche: andare a Nikko

Nikko è una classica gita in giornata da Tokyo, anche se non è vicinissima (circa due ore di treno) e la zona meriterebbe di sicuro un pernottamento. E’ da includere nel vostro viaggio? Dipende. Come gita in giornata di solito preferisco consigliare Kamakura. Ma se non avete visitato le montagne, andando per esempio al monte Koya o a Takayama, Nikko meriterebbe un viaggio anche solo per vedere la stupenda foresta. Non si può tornare a casa dal Giappone senza aver visto i suoi boschi, la sua natura.

Col nome di Nikko si indica una prodigiosa sinfonia di rupi, cascate, foreste, montagne, laghi, paludi fiorite, gole ombrose, solenni vulcani
(Fosco Maraini, Ore Giapponesi)

I templi e santuari patrimonio Unesco non sono, invece, fra i più belli del Giappone, almeno per me, ma sono diversi da tutti gli altri. E, forse, vale la pena vederli anche per questo. I monumenti principali sono il santuario Toshogu, dedicato a Tokugawa Ieyasu, il santuario Taiyuinbyo, dedicato a Tokugawa Iemitsu, il tempio Rinno-ji (in restauro, ma parzialmente visitabile).

Il ponte Shinkyo, a Nikko
(foto di Patrick Colgan, 2016)

Il viaggio a Nikko da Tokyo

  • Se non si ha il Japan Rail Pass, il modo più economico (ma lento) è con i treni Tobu dalla stazione di Asakusa: il 2 days Nikko pass vale due giorni e include anche i bus a Nikko costa 2670 yen. Attenzione è valido solo sui treni più lenti e non ce ne sono molti al giorno. Per chi vuole restare più giorni e andare anche a Okunikko c’è l’All Nikko pass da 4520 yen che ne dura quattro. Entrambi sono solo per stranieri e vanno pagati con contanti. I pass in questione non si fanno in biglietteria ma alle informazioni turistiche della stazione Tobu Asakusa.
  • Chi ha il Japan Rail Pass attivo può invece prendere uno Shinkansen fino a Utsonomiya (100′ circa) e da lì prendere un treno per Nikko. Per tutte le soluzioni (ce ne sono molte altre) consultate Giapponepertutti  o il completissimo Japan Guide (in inglese).

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