Irlanda

di

ireland wicklow gap (by patrick colgan)Sono tornato in Irlanda qualche settimana fa, dopo due anni. Avevo solo cinque giorni (più tre di visita parentale) ma ho cercato di sfruttarli al meglio. Prima sorpresa all’aeroporto. Fila chilometrica (50 metri?) per il taxi. A fronte, letteralmente, di un fiume di taxi in arrivo e in partenza. Mica le file esigue e più o meno ordinate delle nostre stazioni, ammantate dal romanticismo della lunga attesa di un veicolo che ci porti a destinazione.

Qui ci sono Taxi ovunque. Taxi di ogni forma, foggia e colore, da 3 a 9 posti. Una valanga di taxi. Un’esperienza strana e un po’ spaventevole per chi è abituato alle assai più statiche zone taxi nostrane.

Ironie a parte, pare che a Dublino siano decuplicati nell’ultimo anno in seguito a una liberalizzazione: da duemila a ventimila o giù di lì. E’ rimasta storico lo sciopero dei taxi che ha paralizzato Dublino più volte nell’ultimo anno. Ma la liberalizzazione è passata. Superata la sorpresa e lo shock mi sono accorto di essere già in fondo alla fila: ho aspettato non più di dieci minuti in tutto. Qui sono matti, e io che pensavo di riuscirmi a leggere la fine di ‘White Jazz’ in santa pace. Se avessi avuto una bella fila delle nostre forse ci sarei riuscito, che dite?

Superato lo shock taxistico, appena possibile sono fuggito da Dublino. Da lì viene un ramo della mia famiglia, lì ho parenti stupendi che si chiamano come me (un cugino e un prozio), ma oltre che bella e gradevole è pure frastornante, affollatissima, costosa e soprattutto turistica, nell’accezione negativa del termine. Quando vedo scempi del genere prego che Bologna non venga mai ‘scoperta’ e che resti così com’è, tralasciata dalla gran parte di torpedoni di stranieri in viaggio da Firenze a Venezia.

E poi è piena di italiani. Per ascoltare la parlata dublinese fuori dal cerchio parentale sono dovuto andare al museo degli scrittori ad ascoltare la registrazione di una lettura di Joyce, nientemeno. A proposito, è consigliatissimo.
Più che viaggiatori però in città, negli ostelli, ho incontrato molti giovani che cercano lavoro. Dall’est europa ma anche italiani, americani. E il lavoro, specie non specializzato, c’è (giovani stranieri sono un po’ ovunque, musei, biglietterie, pub) ma il grosso problema sono gli alloggi, carissimi e insufficienti rispetto alla domanda, in forte crescita. C’è gente che letteralmente vive in ostello. Roba che fra bagni comuni, colazioni comuni, letti a castello comuni ricorda atmosfere alla ‘Oliver Twist’. Auguri.
In forte crescita ovunque sono gli stranieri, soprattutto cinesi e polacchi. Gli irlandesi lavorano negli uffici (o nelle trappole per turisti), i polacchi che fanno i netturbini, i muratori e guidano gli autobus. Una sorpresa (qui qualcuno ha mai visto immigrati alla guida di un bus?). Bravissimi, fra l’altro, anche se ho avuto qualche problema a sapere dove scendere (l’inglese non era il suo forte).

Questa volta, insomma, lasciata la vecchia Dublino, sono andato a nord e ho scoperto luoghi fra i più belli d’Irlanda. La costa di north Antrim con i suoi glen, la Giant’s Causeway (vedi foto) che ho incontrato in uno splendido giorno di sole. L’enigmatica passerella di esagoni di basalto che si tuffa nel mare. Un’antica eruzione lavicgiant's causewaya che la leggenda vuole costruita da un gigante irlandese Finn McCool (nome vagamente da rapper) per andare a pestare un suo rivale scozzese. E mi fermo qui anche se la leggenda continua con qualche colpo di scena.

E effettivamente, se vogliamo dirla tutta, la striscia di basalto riemerge sull’isola scozzese di Staffa. La leggenda in effetti, è più plausibile della spiegazione scientifica, per una volta. Gli esagoni della causeway si sarebbero formati per il raffreddamento della lava nell’oceano.

E poi Belfast. A prima vista tetra, informe, decadente.

Giant's causeway

Mette anche un po’ di paura. Poi si scoprono i suoi pub, i bar degli studenti, la sua vita, le sue persone, e ne mette un po’ di meno. Anzi, diventa quasi piacevole fare due passi, fino a quando il buco di una pallottola in un muro o l’onnipresente filo spinato o un murale minaccioso non ti ricordano cosa succedeva fino a non molto tempo fa.

A Belfast consiglio il ‘political walking tour’, organizzato da un’associazione di ex prigionieri politici. Quattro ore di passeggiata nei quartieri repubblicani (o lealisti, pure), con una guida attivista delle rispettive fazioni. Io il mio giro (eravamo in tre), l’ho fatto con Damien, un giovane ex consigliere comunale dello Sinn Feinn. Informazione di parte (e lo sapete da prima), ma di prima mano. Consigliatissimo. Dei murales e di politica magari parlo nel prossimo post. Belfast merita qualche riga in più.

foto di Patrick Colgan (in ordine, dall’alto: strada sui monti Wicklow, vista dell’area della Giant’s Causeway, la Giant’s Causeway si tuffa in mare)

tutte le foto sono su Flickr

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0 Commenti

Peter Novembre 8, 2006 - 6:57 pm

:-//

Reply
stefano massa Novembre 8, 2006 - 12:22 pm

un salutino, grazie della visita e per esserti presentato:)))
benvenuto a bordo, adoro l’irlanda e mi piace come hai impostato il tuo blog
mi faràpiacere inetragire e, se vorrai scambiare il linkùte di dove sei’ù
ciao stef

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