In cammino sul Kumano Kodo

di Patrick Colgan

Trekking in Giappone: il mio cammino in solitaria sui sentieri del Kumano Kodo, antico itinerario di pellegrinaggio nella penisola di Kii

Un passo dopo l’altro fra i boschi, su pietre calpestate da innumerevoli pellegrini prima di me, negli ultimi mille anni. Un passo dopo l’altro, me lo ripeto mentalmente come se fosse un mantra sulle salite più ripide, sui gradini ricoperti di muschio che strappano velocemente metri a queste montagne, piccole ma appuntite, verticali, vicine l’una all’altra e separate da valli strettissime. Mi fermo a guardarle e immagino dove andrà la strada, quali crinali scavallerò. Un passo dopo l’altro, e ormai i piedi sanno dove andare da soli, fino al prossimo piccolo santuario, o al prossimo cippo lungo il sentiero dove fermarmi qualche minuto e ringraziare i kami, gli spiriti, presenti in questi boschi e venerati da tempi immemorabili. Dove qualcuno prima di me ha lasciato una moneta ne lascio sempre una anch’io.
Poi riprendo a camminare, sono i piedi a spingermi avanti. Un passo, poi un altro.

Cammino così, lentamente. Una delle cose importanti, quando si cammina, è proprio questa, trovare il proprio passo, il proprio ritmo. E sui sentieri del Kumano Kodo non riesco ad andare troppo spedito.  Per ore non incontro nessuno e un passo dopo l’altro mi sembra di essere scivolato in un altro mondo. C’è il panorama così strano di queste montagne asiatiche, così ripide, e questi boschi di alberi dritti e altissimi che non cessano mai di meravigliarmi; e poi ci sono echi di storie antiche che provo ad ascoltare, le tracce o i ricordi di chi è passato prima.

Un vecchio Jizo (credo) in mezzo alla foresta

Un vecchio Jizo (credo) in mezzo alla foresta (foto di Patrick Colgan, 2018)

Tanti autori raccontano di un Giappone perduto, scomparso. Molte cose non ci sono più, è vero. I nomi di tante persone che sono passate di qua sono dimenticati e così le loro parole, i loro ricordi. Le montagne che vedevano però sono le stesse, come ricorda Cees Nooteboom mentre, in un racconto del suo libro Cerchi infiniti, insegue disperatamente tracce del lontanissimo periodo Heian nella Kyoto di oggi. Ma a me sembra che fra questi boschi, anche quando raggiungo il sito che ospitava fino a un secolo fa una locanda che serviva il té ai pellegrini o un villaggio ormai persi nel tempo, sia ancora tutto qua, accanto a me, appena al di là di un velo che mi impedisce soltanto di vederlo.

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I resti di un edificio in mezzo al bosco, qui c'erano alcune case fino a pochi decenni fa

I resti di un edificio in mezzo al bosco, qui c’erano alcune case fino a pochi decenni fa (foto di Patrick Colgan, 2018)

 

Il pellegrinaggio del Kumano Kodo

Sono nella montuosa, selvaggia penisola di Kii, a sud di Osaka e del monte Koya. Percorro il cammino del Nakahechi, il più famoso, facile e frequentato del Kumano Kodō (antica via di Kumano), una rete di itinerari di pellegrinaggio patrimonio dell’Unesco che attraversano la penisola come una ragnatela. È l’unico pellegrinaggio patrimonio dell’umanità assieme al Cammino di Santiago, con il quale è gemellato.

Un tratto del sentiero Nakahechi

Un tratto del sentiero Nakahechi (foto di Patrick Colgan, 2018)

Le montagne della penisola di Kii

Le montagne della penisola di Kii (foto di Patrick Colgan, 2018)

La rete di sentieri collega tre famosi santuari scintoisti, Kumano Hongu Taisha, Kumano Nachi Taisha e Kumano Hayatama Taisha (detti Kumano sanzan). Sono luoghi sacri da tempi antichissimi, legati soprattutto a riti di purificazione, perché qui c’è moltissima acqua: il santuario di Hongu ha celebrato quest’anno i 2050 anni dalla fondazione. I sentieri poi collegano, ancora, il monte Koya, il sito più importante del buddismo Shingon, il santuario di Ise e il monte Yoshino, vicino Nara.

Il Nakahechi si snoda nel centro della penisola da ovest a est e tocca i santuari di Hongu e Nachi, in quattro tappe fra i 15 e i 25 chilometri.

Sono luoghi ancora battuti, in varie forme, dai seguaci dello Shugendō , un’antica religione sincretica e ascetica, ancora praticata.  Una dei suoi momenti più importanti si chiama nyubu shugyo, che gli studiosi traducono come”entrare nella montagna” (ne avevo scritto anche riguardo ai Buddha in pietra del Kyushu). Il ripetersi di questi riti nei secoli, il filo che lega la storia di questi luoghi a tempi antichissimi è uno dei motivi del riconoscimento dell’Unesco.

da Wikimedia commons, pubblico dominio

Il santuario di Hongu

Il grande torii che segna l’antichissimo sito del santuario di Hongu (foto di Patrick Colgan, 2018)

 

Camminare da soli

La decisione di percorrere il Kumano Kodo in solitaria è stata istintiva, anche se era un viaggio che sognavo da anni. Sono partito solo e non è la prima volta che mi incammino così. Paradossalmente non amo la solitudine. Sto bene assieme ad altre persone e mentre cammino su questi sentieri mi manca mia moglie. Quando c’è la possibilità di scambiare qualche parola con i viaggiatori che incrocio la sfrutto. Forse in quelle occasioni parlo anche troppo, faccio troppe domande.

Non sono però tante le persone che camminano su un tratto di sentiero ogni giorno, dieci, quindici al massimo e spesso hanno il passo veloce di chi è più interessato all’impresa sportiva che a quello che sta attorno: guardano avanti e non si fermano mai. Non so come facciano.

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Ma quando riprendo il cammino mi riprendo la mia libertà, è una dimensione molto particolare, unica: a volte non è facile, ma c’è anche qualcosa di prezioso nell’essere in viaggio senza compagni. Camminare da soli, per ore, immersi nel silenzio di un bosco è un modo per non sfuggire a se stessi, per conoscersi e per immergersi completamente in quello che si sta facendo, senza alcun filtro. Forse avevo bisogno esattamente di questo. Forse, semplicemente, continuo a cercare cosa davvero mi lega al Giappone, cosa mi porta a tornare qua.

Ormai si liquida come un cliché un po’ ridicolo chi fa un lungo viaggio per trovare se stesso. Ma c’è una verità in questa immagine, così abusata. Michel Onfray la descrive così

Non viaggiamo per guarirci da soli, ma per temprarci, fortificarci, sentirci e aver coscienza di noi stessi in modo più sottile.

Non c’è solo un punto nello spazio al quale arrivare. Io, mi rendo conto, sono una delle destinazioni di questo viaggio.

Di fronte a noi stessi, più che mai costretti a guardarci, se non a vederci, precipitiamo in maniera più profonda verso il nostro centro di gravità tanto l’altro ci manca per distrarci dalla nostra presenza forzata. La destinazione di un viaggio non cessa di coincidere con il nucleo infrangibile dell’essere e dell’identità
(da Michel Onfray, Filosofia del viaggio – poetica della geografia)

Le risaie di Takahara

Le risaie di Takahara (foto di Patrick Colgan, 2018)

La pagoda e la cascata di Nachi, al termine del percorso

La pagoda e la cascata di Nachi, al termine del percorso (foto di Patrick Colgan, 2018)

Per continuare a leggere sul Kumano Kodo

Ho scritto un post su come organizzare un trekking nel Kumano Kodo.

Sul mio profilo Instagram potete vedere, fra le storie in evidenza, il racconto dei miei quattro giorni sul Nakahechi.

Una delle mie fonti d’ispirazione è stato uno post di Fabrizio di Lightpainting.it, che ha percorso una combinazione di tre sentieri che creano un itinerario circolare di circa 20 km, detto loop.

Altri post sulla Penisola di Kii

  • Nachi, la pagoda e la cascata
  • Katsuura, fra onsen, isole e tonni

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4 Commenti

Jury Romanini Novembre 20, 2018 - 9:48 pm

Ok, grazie!

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Jury Romanini Novembre 20, 2018 - 4:53 pm

Ciao, sto provando a organizzare il mio viaggio sul kumano kodo. Hai qualche lettura da consigliare per saperne di più sulla storia e la cultura della zona?
grazie

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patrickcolgan Novembre 20, 2018 - 8:53 pm

Ciao!
C’è la guida ufficiale del Kumano Kodo che, per quanto non particolarmente approfondita, è ricca di informazioni. Però si compra solo sul posto. Un po’ di approfondimenti li ho fatti anche nella parte dedicata alla montagna del libro ‘Il pensiero giapponese classico’ che è però un libro abbastanza tosto, universitario, e parliamo di poche pagine dedicate al tema. Altrimenti c’è qualcosa in inglese che però non mi sembra di particolare interesse. Però anche io sono tutt’ora alla ricerca, se trovi qualcos’altro segnalamelo, per favore!

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Yannis Koukoutaras Giugno 13, 2018 - 10:54 am

Viaggiare da soli è una delle soddisfazioni più grandi per me in assoluto…la seconda è viaggiare con una persona vicina che sa condividere i momenti del viaggio collo stesso entusiasmo…il tuo modo di descrivere questo percorso è accattivante e invogliante e soprattutto diretto e ha il preggio di far trasportare chi ti legge miracolosamente nei posti che racconti, come se lì toccasse, respirasse e conoscesse…e questo nasce secondo me da un bell’equilbrio tra te e la natura. Grazie…

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