Una città che è rinata, ma non ha dimenticato la tragedia
Fra i ciliegi in fiore allineati lungo le sponde del fiume e i prati, dove famiglie e gruppi di giovani bevono e scherzano in questo giorno di primavera, c’è un grande parallelepipedo grigio di vetro e cemento, striato d’azzurro: riflette il cielo. È sospeso a cinque, sei metri d’altezza. So già quello che contiene, perché è la terza volta che vengo qui. Sembra assurdo, ma quelle sottili pareti, quei pochi metri di sospensione sopra ai piloni, separano la festa dell’hanami nel parco della Pace di Hiroshima da una memoria spaventosa, dalle prove che l’umanità può autodistruggersi.
Questi muri sigillano quella memoria e la nascondono perché come un buco nero non trascini tutto a sé, non diventi il centro simbolico della città: sono pochissime a Hiroshima le tracce di quel terribile 6 agosto 1945, il giorno dell’esplosione nucleare. E vanno cercate: così si scoprono una lapide su un edificio rimasto intatto, uno dei pochi, una placca di metallo che indica l’ipocentro del’esplosione (accanto al parco) e i segni di bruciature su una statua di pietra di jizo-son, protettore dei bambini e dei viaggiatori. Ma allo stesso tempo i muri sottili di questo parallelepipedo concentrano e conservano la memoria, come in un cassetto. Ma è un cassetto ben esposto, messo al centro della stanza: nascondendo la memoria, la mostra.
Tutti sanno cosa contiene quella scatola grigia disegnata da un famoso architetto, Kenzo Tange. È il Museo Memoriale della Pace.

Il biglietto è simbolico, solo 200 yen (meno di due euro, fino a qualche anno fa erano appena 50 yen), e se si ha fortuna si può trovare una guida volontaria gratuita. Nel museo, nato nel 1955, si entra in silenzio, come in un luogo sacro. E si scende in una spirale di orrore, raccontata in modo incredibilmente onesto. Viene mostrato il crescente militarismo del Giappone, l’ingresso in guerra e infine gli effetti della bomba atomica che venne lanciata dagli Stati Uniti su Hiroshima e pochi giorni dopo su Nagasaki. Sono immagini uscite da un incubo. Ci sono oggetti di uso quotidiano: bottiglie contorte, tazze da tè fuse in un unico irreale grumo dal calore.
E poi il gradino in pietra di una banca sul quale si intuisce un’ombra: l’unico ricordo lasciato da un uomo incenerito in pochi secondi. Poco più avanti vengono illustrati gli effetti sui corpi delle vittime: ci sono divise scolastiche bruciate, le foto delle orribili ferite, i capelli perduti da Sadako Sasaki, la bambina che commosse il mondo con le sue gru di carta: voleva farne mille, sperando che il suo desiderio di vita fosse esaudito. Morì per gli effetti delle radiazioni.
Ma nessuna tragedia appare davvero reale se non viene incarnata nella voce di una persona, in una testimonianza. Al termine della visita ci sono televisori, cuffie e alcuni divanetti dove pochi si fermano. Vi invito a dedicare dieci minuti a questo spazio, per ascoltare le memorie dei sopravvissuti, persone che hanno vissuto una vita difficilissima. Sono gli hibakusha – letteralmente le persone affette dall’esplosione.

(foto di Takasunrise0921, da wikimedia commons)
licenza CC-BY-SA


(foto di Patrick Colgan, 2011)

Nel parco della Pace
Quando si esce dal museo ci si ritrova nel parco fra i ciliegi, che in aprile fioriscono in modo spettacolare, cambiando il volto di questo cuore verde dalla città, e gli oleandri, simbolo della rinascita (furono i primi alberi a nascere, poche settimane dopo l’esplosione). C’è chi si chiede se siano rimaste tracce della radioattività. No, non ce ne sono, nel museo c’è anche un misuratore per chi non ci crede. E anche le memorie sono difficili da trovare nella città. Praticamente tutto è stato cancellato, ricostruito: è rinato.
Fra i fiori, gli alberi e le persone a passeggio ci sono però la fiamma eterna e il profilo tetro del Genbaku domu, la cupola dell’esplosione atomica, unico edificio rimasto uguale, esattamente come 70 anni fa. E poi quel museo, quel parallelepipedo di cemento. E la storia terribile che conserva.

(foto di Patrick Colgan, 2014)
Uscito dal museo con il cuore congelato, in questo parco pieno di gente e di fiori non riesco a provare tristezza. Guardo le famiglie sedute a gambe incrociate sulle stuoie, le ragazze in posa con i fiori dei sakura. Guardo la gente incolonnata in una lunga fila per una carissima spremuta d’arancia preparata sul momento, da queste parti una rarità che scatena un entusiasmo un po’ infantile, come quello dei bambini di fronte allo zucchero filato.
Siamo seduti a un tavolino vicino all’acqua e il cameriere ci porta un piatto di ostriche fritte, kaki furai, la specialità popolare di questa città che ama ridere, bere e mangiare. E penso che solo 70 anni fa qui c’era un deserto di cenere, macerie e pozze di acqua nera e radioattiva. La vita è più forte. Non posso non sorridere.
Peace memorial museum: informazioni utili
Orari. L’Hiroshima peace memorial museum è aperto dalle 8,30 alle 18 fra marzo e luglio, dalle 8,30 alle 19 in agosto (Fino alle 20 il 5 e 6 di agosto). Da settembre a novembre dalle 8,30 alle 18. Attenzione: da dicembre a febbraio, l’orario è ridotto dalle 8,30 alle 17 (info sul sito ufficiale). Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura. Per la visita completa calcolare almeno due ore (fatto di corsa o quasi si può fare in un’ora, ma lo sconsiglio decisamente).
Ingresso: 200 yen, ridotto 100 yen
Come arrivare: col tram, scendere alle fermate Chuden-mae o Genbaku dome-mae
Il sito ufficiale del Museo della Pace di Hiroshima
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13 Commenti
Un post fantastico.. Una descrizione molto bella ed accattivante.. Complimenti davvero!!
grazie!
Pochi sarebbero riusciti a descrivere questo posto come hai fatto tu.
In questo caso si sente fortemente l’antitesi tra gli orrori della guerra e gli alberi in fiore, simbolo di rinascita. La rinascita di una città che ha sofferto tanto.
Grazie per questo post.
Grazie per essere passata a leggermi e per avere lasciato un commento, e soprattutto per le tue parole :)
E’ incredibile come la vita abbia sempre la meglio, anche dopo tragedie senza precedenti come questa. E che possa iniziare di nuovo ad essere splendida.
Grazie Patrick, mi son venuti i brividi… questo é uno dei motivi principali per cui desidero visitare il Giappone.
Se ti interessa la storia, come mi dicevi, in Giappone ne troverai tantissima!
Grazie Patrick, mi son venuti i brividi… questo é uno dei motivi principali per cui desidero visitare il Giappone.