Cartoline da Los Angeles

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Un po’ di idee su cosa fare e vedere a Los Angeles, una città che non è facile amare

Non ho una foto di Los Angeles. Ci sono stato due volte e ci ho anche passato del tempo. Ma ho fatto pochissime fotografia. E non ho nemmeno uno scatto che renda una vaga idea di com’è. Sembra assurdo scrivere una cosa del genere, perché è una città talmente vasta, articolata che è come se fosse composta da cento città, da Chinatown alle ville lussuose e pacchiane di Bel Air e Beverly Hills, dal Pueblo un po’ finto a Little Tokyo, dai canaletti di Venice alla spiagge straviste di Santa Monica e Malibu.
Eppure nella mia memoria è solo un succedersi di stradoni perpendicolari e trafficatissimi, di cortili e parcheggi circondati da rete metallica, edifici di un piano che sembrano tante scatole da scarpe allineate. Eppure c’è qualcosa di più che forse ha a che fare con l’immagine che ne abbiamo prima di arrivarci. E quella è forte, pervasiva. L’abbiamo già visitata, percorsa, vissuta mille volte nei film e immaginando la vita delle star di Hollywood di ieri e di oggi.

Los Angeles non è bella e una foto che la mostri così davvero non ce l’ho: forse Los Angeles non è fotografabile, se non nei dettagli, nei luoghi che assumono un’identità più riconoscibile. Ma quello che rende la città affascinante non si può catturare in uno scatto. Lo so che non è del tutto vero, probabilmente, ma questa è l’impressione che lascia al viaggiatore di passaggio. Quella di una città repulsiva e magnetica.

E poi il traffico, il terribile traffico: a Los Angeles passerete tantissimo tempo in auto. “E’ peggiorato negli ultimi anni”, mi ha detto una persona sul bus che dall’aeroporto mi portava all’autonoleggio. Da quel poco che ho visto penso possa essere vero. Alcuni quartieri li visiterete parcheggiando vicino a un negozio o un luogo che volete vedere, poi spostando l’auto qualche chilometro più avanti per vedere un’altra cosa.

In questo post provo a raccontarvi un po’ di cose da vedere e da fare a Los Angeles, in ordine sparso. E allo stesso tempo provo a raccontarvi un po’ della città, di come l’ho vista. Come se fossero delle cartoline da Los Angeles.

LA è la più deprimente e brutale città d’America

(Jack Kerouac – sulla Strada)

Hollywood Boulevard

In un post precedente ho scritto che la tersa aria di dicembre sembrava mostrare la vera essenza delle cose, nel deserto californiano. E a Hollywood Boulevard l’effetto è lo stesso, ma il risultato è l’esatto contrario: qui una luce e livida che filtra fra pesanti nuvoloni mette a nudo il plumbeo grigiore dei palazzi, dell’asfalto, la bruttezza delle file di gadget allineate sugli scaffali di souvenir. Non si salva nemmeno il vecchio, venerabile Chinese Theatre con le firme e le impronte dei grandi del cinema impresse nel cemento. Le mani e i piedi di Bogart e di Marylin, piccolissime come quelle di Rita Hayworth, sono emozionanti, ma il cemento, visto da vicino è come se riducesse le orme a quello che sono, semplici solchi nella materia.

cosa fare a Los Angeles: vedere le impronte degli attori
Le firme di Jane Russell (che lasciò le impronte assieme a Marylin), Charlton Heston e Kirk Douglas (foto di Letizia Gamberini, 2017)

Anche il Dolby Theatre, dove si svolge la cerimonia degli Oscar, senza il red carpet è solo un centro commerciale bruttino affacciato sul traffico e circondato di tizi in costume che cercano di raggranellare qualche dollaro per offrirti una foto con Batman o Edward mani di forbice sulla Walk of fame.

Eppure sono felice di essere qui, è come rendere un omaggio a un’idea: del resto la magia del cinema (soprattutto quello di Hollywood) non è qualcosa che si può toccare.

Cosa vedere a Los Angeles: il Dolby Theatre
Il Dolby Theatre (foto di Letizia Gamberini, 2017)

Ci sono costose visite guidate a questi posti, ma il modo migliore per visitare Chinese Theatre e Dolby Theatre è forse vedere un film in uno di questi due famosi cinema (hanno una regolare programmazione e il primo ha un grande schermo Imax), peccato che questa volta non abbiamo proprio il tempo.

Universal Studios Hollywood

Se invece volete unire la passione per il cinema hollywoodiano a un giorno di divertimento potete fare un giro agli Universal Studios, parco a tema di ispirazione cinematografica: ci sono le montagne russe, una grande area dedicata al mondo di Harry Potter e altre attrazioni, ma anche il ‘trenino’ che fa il giro del parco e che vi porta fra vecchi set (veri e ricostruiti) e, molto brevemente, dentro i veri studios.

Preparatevi a scucire sui 110$ per un ingresso base.

Il Bates Motel agli Universal Studios
Il Bates Motel (con un attore) agli Universal Studios (foto di Patrick Colgan, 2009). La facciata del motel è più o meno originale, nel senso che è stata restaurata e ricostruita più volte.

Griffith Observatory

Si dice di andarci al tramonto o al crepuscolo per il panorama sulla città e sulla famosa scritta ‘Hollywood’ sul fianco della collina vicina. Ma in realtà l’osservatorio stesso è una meraviglia e anche per questo appare in film come Gioventù Bruciata (c’è un piccolo monumento che ricorda James Dean) e il più recente La La Land.

Costruito nel 1933 in stile Art Deco è un edificio affascinante, con una bellissima storia. Griffith J. Griffith donò il terreno e fece costruire l’osservatorio per avvicinare l’astronomia alla gente che abitava in città: per sua volontà l’ingresso è sempre rimasto gratuito. Oggi al suo interno ci sono interessanti esposizioni divulgative, una bobina di Tesla che viene attivata a orari regolari (l’avete vista anche in La La Land) e un cinema nel planetario: il filmato ‘Centered in the universe’ è bellissimo, una vera esperienza.

cosa vedere a Los Angeles: il Griffith Observatory e il suo panorama
Cosa vedere a Los Angeles? Il Griffith Observatory (foto da Wikipedia, di Matthew Fieldlicenza creative commons)

E poi sì, c’è il panorama, che è straordinario, più bello che da Mullholland Drive, la strada che corre sulle colline. E forse qui vi potrete riconciliare con Los Angeles, qui dove la città delle stelle sembra davvero una galassia nel cielo notturno.

Le stelle della City of stars sono tutte fra le vie della metropoli. Il cielo, invece, ne è sempre privo: è l’inquinamento luminoso.

Il panorama dal Griffith Observatory
Il panorama dal Griffith Observatory (foto di Patrick Colgan, 2017)

Raggiungere l’osservatorio

L’Osservatorio è in cima a una collina a nord est di Hollywood. Alcuni chilometri prima di arrivare al Griffith c’è un parcheggio gratuito dal quale si può prendere una navetta (servono contanti per pagarla, 50 cents a testa). Ma se siete di fretta potete provare a cercare parcheggio vicino all’osservatorio: costa 4$ all’ora (se volete vedere lo spettacolo nel planetario pagatelo almeno per due ore): quando siamo stati noi c’era posto, anche se avvisi luminosi lungo la strada dicevano che era esaurito.

La vecchia Los Angeles

L’edificio più vecchio della città, a quanto pare, è l’Avila Adobe, lungo Olvera Street, la strada centrale (e molto turistica) del Pueblo di Los Angeles. La casa è davvero vecchia, per i parametri locali, del 1818. Ma fra bancarelle, tacos e chitarre messicane un po’posticce l’atmosfera qui appare fin troppo costruita. Il posto più evocativo, da queste parti, giusto dietro l’angolo, è la Union Station. Non è così vecchia, è del 1939, ma costruita in uno stile a metà fra quello spagnolo e l’art déco: bianchissima emerge come un anacronismo nel moderno anonimato della città. Pure l’interno è stupendo.

E anche se a Los Angeles quasi tutti sembrano essere schiavi dell’auto, non è un edificio-museo: qui i treni si prendono ancora. Ed è una delle più belle stazioni del mondo.

Venice Beach

Negozi di orribili magliette e ambulatori per prescrivere la marijuana terapeutica, tatuatori e fast food messicani, fricchettoni e artisti. E poi, a L.A. sono tantissimi anche per il clima mite, una grande comunità di senza tetto (con i cartelli che invitano a lasciare, la sera, cibo, bevande e altri oggetti utili per loro). Il tutto davanti a un’enorme distesa di sabbia bianca e surfisti che cavalcano le onde. Venice Beach è tutto questo e non è che mi faccia impazzire. Un posto non bello, ma iconico, dove sembra di camminare fra le palme e molteplici stereotipi schiacciati l’uno accanto all’altro: i punk e gli skater che mantengono vivo il ricordo di z-boys e Lords of Dogtown accanto ai palestrati di muscle beach (con le macchine da pesi arrugginite all’aria aperta, sulla spiaggia).

Venice Beach
Venice Beach (foto di Patrick Colgan, 2009)
Venice Beach
Venice Beach (foto di Patrick Colgan, 2009)

Se dal lungomare, il boardwalk, vi spingete un po’ più a sud potete arrivare a Venice vera e propria. Fu costruita nel 1905 come una piccola Venezia. Le gondole non ci sono più (non ne ho viste, quantomeno), ma molti canali ci sono ancora, eccome. Sull’acqua, un po’ stagnante, si affacciano bellissime case, alcune decisamente bizzarre_ è una piacevole passeggiata.

Venice of America nel 1909
Venice oggi
Venice oggi (foto di Patrick Colgan, 2017)

Poco distante da Venice c’è la più elegante Santa Monica, altra spiaggia famosa, ed è la località dove termina la Route 66, la strada che attraversava gli Stati Uniti da Est a Ovest (e, in parte, lo fa ancora): potete visitarle entrambe facilmente, anche se a Santa Monica non è che ci sia moltissimo.

Qui siamo molto vicini all’aeroporto, appena una ventina di minuti.

Californication

Fra le cose da fare a Los Angeles c’è anche la ricerca di location cinematografiche, perché qui si filma anche molto… La La Land (lo so è un film che ho amato molto)è quasi una guida turistica della città toccando per esempio il Griffith, la breve funicolare Angel’s flight e Grand Central Market (qui ben 25 location).

A Venice, zona di artisti e alternativi, è stata girata invece gran parte della serie televisiva Californication, che ho molto amato, e qui abitava Hank Moody, il tormentato scrittore interpretato da David Duchovny. Le location principali le trovate qui. E anche se a due passi ci sono fricchettoni e marijuana, molte sono case di design di altissimo livello: per farvi un’idea, una delle ville dove si svolge lo show, quella dove Hank incontra Mia, è stata venduta per 14,6 milioni di dollari.

Walt Disney Concert Hall

Questo auditorium firmato da Frank Gehry è probabilmente l’edificio più bello della città (facile, direte voi). Progettato negli anni 80 e inaugurato nel 2003 è di una bellezza scintillante. Anche troppo visto che all’inizio abbagliava gli automobilisti e sembrava diffondere calore verso gli edifici circostanti (tipo ‘specchio ustore’). Un intervento per rendere meno riflettenti le superfici ha poi risolto il problema.

Pare che l’acustica sia eccezionale, quindi se avete la possibilità di assistere a uno spettacolo non perdetevela.

Walt Disney Concert Hall
Walt Disney Concert Hall (foto di Patrick Colgan, 2017)

I locali di Los Angeles

Los Angeles è una città da vivere più che da vedere, dicono in molti. E allora provate a viverla. Se ne avete la possibilità investite su questo punto un po’ dei soldi risparmiati mangiando nei diner e dormendo nei motel. Informatevi su quali sono i locali di tendenza e provateli.

Qualche anno fa avevo provato il rooftop bar dell’hotel The Standard, a Downtown (cocktail 14$). Questa volta, dopo aver fatto qualche breve ricerca sui posti di tendenza, siamo invece stati da Delilah, a West Hollywood, stupendo ristorante-bar ispirato agli anni Venti, con personale in giacca bianca. L’atmosfera è tutt’altro che ingessata però e si può cenare o semplicemente bere qualcosa al banco. I prezzi non sono regalati (22$ hamburger e patatine, ottimi, e cocktail dai 18$ in su), ma il posto è bellissimo.

Dress code ‘smart casual’ (andate vestiti benino o vi sentirete fuori posto). Sul tardi si balla anche. Foto all’interno vietate. E dicono che ci siano diversi attori fra i clienti abituali.

E questi sono soltanto due locali, a L.A. la scelta è praticamente infinita…

Gli altri post sulla California

  1. Viaggio nel Joshua Tree
  2. Sulla strada per Amboy
  3. Ritorno al Golden Gate
  4. Cartoline da San Francisco

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3 Commenti

Yannis Koukoutaras Gennaio 22, 2018 - 5:36 pm

Los Angeles è la città non città che mi ha affascinato più di altri luoghi non luoghi che mi è capitato di visitare, e forse non direi che sia una città brutta nel vero senso della parola, come d’altronde si potrebbe considerarla tale, se lo stesso Kerouac la definì così?
Con questo voglio dire che l’America, la California e in particolar modo Los Angeles fanno parte del nostro immaginario colettivo e privato, dove mancanze, brutture, ma anche un senso di desolazione o solitudine che si possano provare in un luogo come questo, non sono altro che le pagine secondarie del libro del nostro privato mito californiano.
Sono stato per la prima volta a L.A. nel lontano 1989 e tornando due anni fa ho notato parecchie differenze anche se non essenziali.
Rimane sempre un vasto agglomerato di genti, traffico e angoli famosi che somiglia a un riassunto della California stessa e non solo. Le memorie, i luoghi e le associazioni mentali sono sempre in agguato come una “subdola” estensione dei film e dei libri che hanno fatto di noi quello che siamo.
Ho visitato di nuovo o per la prima volta i luoghi che tu hai menzionato, in più il museo d’arte della città, la bella fondazione P. Betty con i suoi antichi tesori lungo l’oceano e Belair con i suoi negozi alla moda (dove ho comprato, che assurdità, mutande italiane e occhiali italiani…). Ho camminato per chilometri di viali con ville anonime o famose, e ho perso ore nel traffico cittadino cercando ristoranti, edifici deco o studios cinematografici, accogliendo ombre e highlight ovunque…e partendo poi verso il nord, lasciai questa città incredibile con un senso come di incompiuto e di precario…questo rappresenta Los Angeles per me.

Reply
patrickcolgan Gennaio 22, 2018 - 5:53 pm

Grazie Yannis per aver condiviso queste considerazioni e questi ricordi su L.A. in cui forse hai spiegato molto meglio di me in cosa consista il fascino di questa città, terribile e magnetica. Un saluto, a presto!

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Yannis Koukoutaras Gennaio 22, 2018 - 10:05 pm

A presto Patrick e grazie per le tue parole…un saluto anche a te Yannis K.

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