About the art of making a mixtape (2)

di Patrick Colgan

Sulle cassettine

mixtape

Muxtape ha riportato alla luce sensazioni che credevo perdute. La cassetta-compilation digitale sembra più simile alle vecchie cassette di quanto possa sembrare a prima vista. Sarà che il servizio è spartano, proprio come le vecchie cassettine e come quelle è sottoposto a regole ferree (12 canzoni, non una di più).  E sarà anche che il procedimento richiede impegno e un po’ di fatica, con tanto di ricerca spesso non facile del brano da caricare all’interno proprio hard disk e un lento sistema di upload. Ma le sensazioni sono abbastanza simili, compresa quella di fatica che si prova dopo un po’: perché ci vuole impegno e tempo (quello per creare una vera cassetta era davvero tanto). Tempo che forse non ho più e infatti la mia creazione è stata piuttosto banale, anche se in giro si sono visti veri orrori (partoriti evidentemente da profani). Ma mi riferisco anche alla sensazione di ascoltare le cassette altrui, la scoperta di nuova musica, la ricerca di un filo conduttore, di un senso. La sensazione è un po’ la stessa. E’ da tempo che un amico non mi passa un cd con musica nuova. Magari mi suggerisce una band e vado a cercarne gli mp3. Ma è diverso, molto diverso.

La mia non è nostalgia fine a se stessa, ma mi convinco sempre più che con la digitalizzazione la musica stia perdendo un po’ di anima. Il rapporto fisico con l’oggetto-disco, con un booklet, una copertina e quindi anche con oggetti come le compilation fatte in casa è insostituibile, per me. E comincia a mancarmi un po’ nonostante continui a essere circondato da dischi, vinili e supporti ‘fisici’.

Poi in molti si sono sbizzarriti nelle analisi del fenomeno muxtape. Le più sensate  e profonde sono arrivate da Suzukimaruti (lato 1 e, qui, lato 2), anche se non credo ascolterei una sua cassettina fino in fondo (per quanto raffinate e belle siano quelle che ha creato). Alcuni poi sembravano quasi scoprirle oggi le mixtape, ignorando forse che esiste una vasta letteratura in merito (anche prima di Horby).

Io ricordo  la mixtape (anche in versione cd) come un modo per dire cose che non si sapevano o potevano dire usando parole e musica di altri. Un mezzo di seduzione, anche. Ero diventato bravo o almeno lo credevo. Ero convinto di saper esprimere addirittura sfumature di umore, pensieri, frasi complesse, e chissà poi se era vero. Le creavo come se fosse un modo per dire cose che non avrei potuto dire altrimenti. E che chissà se poi chi le avrebbe ascoltate avrebbe poi anche capito. Ma c’è una persona con la quale ho comunicato per anni, così.

Non era solo un modo per dire le cose anche un modo per aprire una piccola porta sul proprio mondo e permettere all’altra persona (se l’avesse voluto) di entrarvi. E allo stesso tempo era anche un modo di entrare a propria volta nel mondo di un’altra persona,  nei suoi pensieri, quando avrebbe ascoltato la cassetta.

Non sempre il messaggio arrivava. Alle volte era impossibile dirlo, altre volte era piuttosto evidente che non era arrivato. Come quando una ragazza alla quale tenevo davvero tanto mi disse: “Hai presente il tuo cd? E’ bello, mia madre lo ascolta sempre”.

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0 Commenti

Peter Aprile 17, 2008 - 2:24 pm

sto dalla tua.

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dontyna Aprile 8, 2008 - 8:27 am

Beh, però l’idea di una digital mixtape è stupenda, appena finisco con gli esami mi metto a perderci un po’ di tempo anch’io!! :-)

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